giovedì 29 settembre 2011

L’UPUPA, L’UCCELLO CHE IN VOLO SEMBRA UNA GRANDE E GRAZIOSA FARFALLA

La natura affascina, "ma siccome esercita anche una forte attrazione turistica, essa ha pure una notevole rilevanza economica, specialmente per le zone interne, che hanno scarse possibilità alternative e  ripongono nel turismo buona parte delle loro speranze di sviluppo”.




L'UPUPA - Il suo nome si pronuncia sia ùpupa che upùpa. Si tratta di un uccello di media grandezza con penne del capo erigibili a guisa di cresta e con piumaggio fulvo a strie bianche e nere (famiglia: Upupidi).

Da poco più di un decennio la presenza numerica dell'Upupa sulle medie ed alte colline del Matese beneventano ha fatto registrare un sensibile incremento. Ciò desta sempre più attenzione e curiosità per questo uccello, e non sono pochi coloro che spesso esprimono il desiderio di saperne di più e di conoscerne almeno le principali caratteristiche.



L’Upupa e il merlo, che è uno degli uccelli più noti.

In precedenza l’Upupa veniva notata quasi esclusivamente all’epoca dei doppi passi regolari di marzo – aprile e di settembre – ottobre. Solo raramente venivano segnalati individui localmente e parzialmente estivi ed alcuni nidificanti. Adesso, invece, questo grazioso uccello torna sempre più numeroso, dall’Africa, nella nostra zona durante il periodo riproduttivo e nidifica da noi in buon numero.
Predilige i castagneti della conca di Cusano Mutri, fino a quelli dell’altopiano di Pietraroja, per la presenza di vecchi e grandi alberi nelle cui cavità spesso costruisce il nido, ma viene segnalato, anche se in maniera piuttosto sporadica, pure nella bassa valle telesina, come a San Salvatore Telesino e in zone limitrofe.








La sua presenza più numerosa nelle nostre zone può essere dovuta a diversi fattori, ma è ragionevole pensare che la riduzione dell’attività venatoria (la caccia) abbia contribuito non poco all’aumento numerico di questo selvatico.


L’Upupa ha abitudini molto solitarie e solo durante l’estate è possibile osservarla, a volte, riunita in piccoli gruppi. Le migrazioni sono precedute da dispersioni ed erratismi pronunciati. 

I quartieri di svernamento si estendono dal sud del Sahara fino alla fascia equatoriale africana. I primi individui tornano a comparire nel continente europeo già alla fine di febbraio – inizio marzo.




COME RICONOSCERLA

L’Ùpupa (upupa epos) è un uccello poco più grande di un merlo. Quando appare, il suo volo irregolare e curioso, le ali aperte, arrotondate e vistosamente barrate di bianco e nero fanno ricordare una grande farfalla. I battiti di ali si susseguono rapidamente, si arrestano per poi riprendere subito, la linea che descrive è ondulata, a balzi verticali, cadute e bordate laterali. Ha un piumaggio inconfondibile, la caratteristica più saliente è decisamente il ciuffo erettile con bordi neri che solleva e abbassa a seconda dei vari stati emotivi; anche il becco è particolare: più lungo della testa e ricurvo, di colore nerastro, con base e mandibola inferiore grigiastre. La livrea è di un bruno rosato, più carico nelle parti inferiori e nel ciuffo, inconfondibili sono ali e coda vistosamente barrate di bianco e nero, il sottoala e il sottocoda sono biancastri. In volo la barratura è inconfondibile ed è il principale elemento di riconoscimento insieme al ciuffo. La femmina è molto simile al maschio, petto sfumato maggiormente di bruno, ma pressoché indistinguibile da questo. Il maschio pesa  67 – 68 grammi, mentre la femmina ne pesa 51 – 58.






DOVE VIVE  

Il suo habitat è costituito da zone alberate della campagna nelle vicinanze o meno di villaggi, ambiente condiviso con altre specie come il  picchio verde e le civette. E’ facile osservare l’Upupa fra le siepi e gli alberi annosi come salici e querce. Anche da lontano è udibile il suo canto monotono. Non è difficile incontrarla lungo i sentieri in campagna ove ama prendere bagni di polvere. In Italia l’Upupa è abbastanza comune all’epoca dei doppi passi regolari: quello primaverile e quello autunnale. Le migrazioni sono precedute da dispersioni ed erratismi pronunciati. I quartieri di svernamento si estendono dal sud del Sahara fino alla fascia equatoriale africana. I primi individui tornano a comparire nel continente europeo già alla fine di febbraio – inizio marzo.


COSA MANGIA

L’Upupa ricerca il nutrimento sul terreno ove si muove rapidamente trotterellando, muovendo la testa ad ogni passo e beccando un po’ ovunque alla ricerca di insetti e le loro larve che solleva con il becco in aria e poi ingoia. Uccide le sue piccole prede con qualche colpo di becco e poi le ripulisce dagli involucri chitinosi.








I suoi terreni di caccia preferiti sono i pascoli, ove gli escrementi attirano una gran quantità di insetti. Si ciba principalmente di coleotteri e loro larve (carabi e cetonie), ortotteri (grilli e grillo–talpe, molto ricercati), bruchi, ditteri, formiche, ragni, lumache e vermi di terra.




COMPORTAMENTO NEL PERIODO RIPRODUTTIVO

Per tutto il periodo della riproduzione il maschio emette un suono continuo e monotono di 2 o 3 sillabe soffice e basso: “Hup – hup – hup”, accompagnato da un movimento verso il basso della testa, il becco quasi chiuso. 










Questo canto pur non essendo molto sonoro si può udire anche in lontananza, verso maggio si fa meno intenso e talvolta si protrae fino in giugno in coincidenza di covate tardive: quando è inquieto prende il volo lanciando un grido basso e rauco, un po’ soffocato, nei pressi del nido si esprime con diversi suoni gutturali. 







L’Upupa occupa di preferenza i contrafforti isolati e caldi delle zone di pianura e collinari nelle vicinanze di pascoli, lungo i filari di salici, di querce, negli orti, negli oliveti e nei piccoli boschetti che delimitano i pascoli. Non occupa mai zone di montagna. 








Il periodo della riproduzione è segnato all’inizio, da parte del maschio, dall’incessante canto, che comincia subito dopo il loro arrivo nei luoghi prescelti per la nidificazione, seguono i corteggiamenti caratterizzati dalle parate nuziali e dalle profferte di cibo del maschio alla femmina che si concludono con gli accoppiamenti. 





Il nido viene collocato all’interno di cavità naturali degli alberi, a volte dentro una loggia abbandonata da un Picchio verde, negli anfratti di muri, all’interno di costruzioni rustiche come granai o case abitate. Quasi sempre le uova vengono semplicemente deposte direttamente sul legno o sul suolo in punti ben riparati, senza particolari allestimenti di rivestimento del nido.

                                                                                                           Emidio Civitillo


                                                                     E-mail: emidiocivitillo@gmail.com

venerdì 16 settembre 2011

LA QUAGLIA, UN UCCELLO DI STAGIONE, TRA CACCIA E RISPETTO DELLA LEGGE. LA VIGILANZA È ANCHE UN’OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI. È SOLO QUESTIONE DI ………….…. VOLONTÀ POLITICA.




Se si riesce a vederla da vicino, la quaglia è inconfondibile, anche se a prima vista questo uccello si può scambiare per un giovane di pernice o di fagiano. Tuttavia, essa ha un'indole tanto schiva che è difficile osservarla anche quando ve ne sono molte. 

La quaglia, sempre ben nascosta tra l’erba, è infatti un uccello di carattere timido e diffidente: è assai più facile udirne il canto che vederla.

Ecco come canta la quaglia - Per ascoltare il suo canto, cliccare su questa immagine che segue.





Quest’anno in Campania la caccia alla quaglia non è stata consentita in anticipo, come si è sempre fatto in passato.

La cosiddetta “preapertura” al 1° settembre, ovvero l’anticipo di quasi ben tre settimane dell’apertura della caccia prevista per il 18 settembre è stata fermata dal TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) di Napoli, che ha accolto un ricorso del WWF Italia, curato dall’avvocato Maurizio Balletta di Benevento, contro quanto stabilito dalla Regione Campania che, nell’approvare il calendario venatorio per la nuova stagione 2011-2012, lo aveva fatto in assenza del “piano faunistico”, che dovrebbe regolamentare sulla base di censimenti e studi scientifici, i tempi, i modi e le specie oggetto di caccia.

La quaglia a confronto con il merlo, che è uno degli uccelli più noti

È appena il caso di ricordare che il “piano faunistico” è basilare, perché contiene quegli elementi essenziali, previsti dalle normative vigenti, indispensabili per la conservazione e la gestione del patrimonio faunistico, che è patrimonio di tutta la collettività e non patrimonio esclusivo dei cacciatori.
È in quest’ottica che il patrimonio faunistico va tutelato anche con forme di effettiva ed efficace vigilanza, che assicuri almeno nelle zone protette (come il Parco Regionale del Matese) un vera lotta al bracconaggio, e ciò è fortemente auspicato dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica. 



Le quaglie arrivano dai quartieri di svernamento africani a primavera, da metà aprile a metà giugno, e ripartono in autunno da fine agosto ad ottobre dopo aver allevato i piccoli. 



Un po’ tutti parlano, sia pure con comprensibile "discrezione", delle forme più note di “bracconaggio” che interessano il Parco Regionale del Matese e dintorni:

-   l’uso, anche assai prima dell’apertura della caccia, di sofisticati richiami acustici per le quaglie (come il fonofilo), e non certo per fini di “ricerca naturalistica”;
-    caccia notturna con i fari lungo le strade di montagna;

-    caccia diurna con cani da seguita: alla lepre, al cinghiale, al capriolo (da poco immesso);
-    ecc..


Per avvistarla durante la caccia, viene costretta al volo scovandola con cani da caccia appositamente addestrati.

Si è appreso che in altre regioni d’Italia viene attuata una vigilanza tanto semplice quanto efficace, che si può così riassumere:


-   un buon numero di giovani, che ricevono un compenso e vengono utilizzati come GAV (Guardie Ambientali Volontarie) nell’ambito di progetti di valorizzazione ambientale e/o di promozione di uno sviluppo ecocompatibile, fanno anche servizio di monitoraggio e, muniti del semplice telefonino, segnalano in tempo reale al loro centro operativo pure eventuali azioni di bracconaggio;
-  fatta la segnalazione, scatta immediatamente l’azione repressiva da parte degli organi preposti (guardiacaccia, guardie forestali e forze dell’ordine in genere) per fermare e sanzionare le azioni di bracconaggio;


   E’ diffusa in tutta l’Europa temperata, con esclusione delle regioni a nord del Circolo Polare Artico. Le popolazioni europee svernano dal bacino del Mediterraneo all’Africa equatoriale.
         

IIl risultato di questo semplice quanto efficace sistema di vigilanza si è rivelato eccellente:

-     il bracconaggio, nelle sue varie forme, è stato cancellato nelle zone in cui è stata attuata tale forma di vigilanza;

-   dette zone non sono più “terra di nessuno” e la flora e la fauna mostrano “evidentissimi” i segni della tutela. E ciò nell’interesse collettivo, compreso quello dei cacciatori rispettosi della legge.


Il nido viene predisposto in una piccola cavità del terreno rivestita di erbe e nascosta tra la bassa vegetazione, dove vengono deposte da 8 a 12 uova.

Andando sul sito www.greenreport.it e digitando la parola chiave GAV, appare l’articolo che segue, del quale, per esigenze di spazio, viene riportata solo la parte iniziale.

Alle GAV ilcontrollo e la vigilanza nel Parco dei Monti Livornesi (articolo dell'8 aprile 2011).

L'Amministrazione Provicniale di Livorno ha avviato un progetto per l'attivazione del servizio di vigilanza e controllo all'interno dei Parco dei Monti Livornesi e di altre aree protette del territorio provicniale.
Tali attività sono state affidate , tramite apposita convenzione, alle Guardie Ambientali Volontarie (GAV) coordinate dalla Provincia, le quali svolgeranno non solo un compito di vigilanza, ma anche interventi legati all'informazione ed educazione ambientale
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Le quaglie si vedono di rado perché evitano di spiccare il volo, salvo che non ci si avvicini troppo (a qualche metro o anche meno).


È appena il caso di ricordare che la valorizzazione ambientale e la promozione di uno sviluppo ecocompatibile costituiscono, con modica spesa di vigilanza, un beneficio notevolissimo non solo per la natura, ma anche per l’economia locale, perché la natura più è tutelata e più richiama il turismo.


Ci vuole veramente poco per realizzare la vigilanza e il controllo di cui innanzi.

È - lo ribadiamo - solo questione di …………. volonta politica!

Settembre 2011
                                                        Emidio Civitillo

E-mail: emidiocivitillo@gmail.com