martedì 18 ottobre 2011

TESTO E IMMAGINI A COLORI DEL LIBRO SU CIVITELLA LICINIO, IN PROVINCIA DI BENEVENTO

Centro abitato di Civitella Licinio (frazione di Cusano Mutri, in provincia di Benevento) 
visto da Nordovest, con il Monte Cigno.

     UNA STRANA IMMAGINE CON SEMBIANZE UMANE
L’immagine precedente, ruotata di 45 gradi, consente di vedere questa strana immagine con sembianze umane.

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Vengono qui di seguito riportati il testo e le circa 60 immagini a colori del libro su Civitella Licinio (BN), stampato in Cusano Mutri (BN) nel mese di giugno 2003 e presentato a Civitella Licinio, alla presenza di un folto pubblico, il 4 luglio 2003.



Foto di copertina del libro del 2003
Civitella Licinio, panorama da Nord/Ovest
 (foto di Maria Teresa Florio)

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pag. 1


“Un Paese vuol dire non essere soli,
sapere che nella gente, nelle piante, nella terra
c’è qualcosa di tuo che
anche quando non ci sei resta ad aspettarti.”

C. Pavese



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Se si vuole osservare ancora meglio ciascuna foto, occorre cliccare due volte in rapida successione sulla stessa, oppure occorre cliccarvi sopra con il tasto destro del mouse e poi con il sinistro sul comando (che appare) “apri link in un’altra finestra”.
Dopodiché, con lo zoom, si può ingrandire o meno la foto che compare in una nuova finestra e si possono vedere meglio anche i dettagli.
Per tornare al “post”, basta cliccare sulla freccia di ritorno che si trova in alto a sinistra o chiudere la "nuova finestra" .
È facile!



pag. 2


(Foto Pasquale  Petrillo)


AUTORI: …………....          Alunni della scuola elementare di Civitella Licinio

INSEGNANTI:……....         Giuliana Civitillo, Nicolina De Bellis, Carmelina Di Biase, Luigia  Fappiano, Maria Florio, Carla Petrillo, Colomba Piccirillo. 
COORDINATORE:…..    Carmelina Di Biase  (nella foto è la prima da sinistra in alto)      



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Foto in 4ª pag. di copertina:
Grotta del Monte Cigno: il "cammello” - (foto Michele Antonuccio)


Foto sfondo: Castagna (foto Gabriele Porto)




Stampato in Cusano Mutri nel mese di giugno 2003
per conto della Pro Loco di Civitella Licinio e del Comune di Cusano Mutri
da:
TipoLitoGrafica  Nuova Impronta





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pag. 3




L’alma mia riposa in questa terra
Di sole, luce e verde.
Sotto un castagneto si riposa
E al fresco fonte si disseta.



Quando mi è stato chiesto di scrivere due righe di introduzione a questo lavoro, mi sono sentito onorato e felice, perché, dopo aver letto le faticose pagine dei ragazzi da cui traspaiono le dure fatiche degli insegnanti, mi sono domandato dove hanno potuto trovare tante cose antiche, tante notizie, tanti fatti che io da studioso andavo ricercando da tempo negli antichi e polverosi archivi provinciali e regionali.
Questi pargoli dal cuore di storico e queste maestre di antica ed alta cultura hanno saputo scavare nell’archivio parrocchiale di Civitella, in quello della curia vescovile; hanno letto libri che trattano la zona; hanno consultato storici locali e, ancora, anziani che si sono messi a disposizione per tramandare il loro vissuto alle nuove generazioni, ed infine hanno scritto.
Il lettore attento potrà portarsi con le ali della mente su queste bellissime montagne a studiare la flora e la fauna, a visitare le grotte, a vedere le bellezze naturali, a seguire percorsi tracciati dai bambini e dai docenti, coadiuvati dalla gente del luogo e da qualche lavoratore della forestale. Potrà riposarsi sotto l’ombra dell’annoso Tiglio, simbolo ed emblema di Civitella Licinio, o seguire passo passo il corso del Titerno, dal Monte Mutria fino ad arrivare al Volturno. Quanta storia si può rivivere, leggendo questo opuscolo prezioso!
Sento in me il desiderio forte di ringraziare gli alunni tutti per avermi dato la possibilità di leggere le cose egregie che hanno saputo magistralmente riportare; un plauso a tutte le insegnanti che hanno saputo dirigere con pazienza i discenti nei meandri del duro lavoro di ricerca. Non posso dimenticare di ringraziare il personale A.T.A. che si è sempre distinto nell’aiutare i docenti nella organizzazione, non sempre facile, ed infine un doveroso ringraziamento a tutta la Pro Loco di Civitella Licinio e al Comune di Cusano Mutri, sponsors della pubblicazione.
A tutti i cittadini di Civitella Licinio un grazie di cuore.

Il Dirigente Scolastico
Dott. Reodolfo Antonio Mongillo




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pag. 4



Al mio paese

     Sei piccolo, sei bello!
     Ti voglio bene…
     sei come un fratello !

     Mi aiuti sempre:

     ho sete…
     e mi dai acqua fresca,

     respiro…
     e mi dai aria pulita,

     gioco…
     e mi dai prati verdi,

     sto male…
     e mi curi con le tue erbe.

     Sto bene con te!
     Se dovessi andarmene…
     ti porterei con me!

Gli alunni della
Scuola Elementare di Civitella Licinio




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pag. 5





CIVITELLA LICINIO


UBICAZIONE
Frazione del comune di Cusano Mutri, provincia di Benevento, è situata a 400 m s.l.m., a metà strada tra i centri abitati di Cusano Mutri e di Cerreto Sannita.
ABITANTI
762 (riferimento all’8 maggio 2003).
FAMIGLIE
267 (riferimento all’8 maggio 2003).
LINGUA PARLATA
Dialetto civitellese, italiano.
RELIGIONE
Cattolica. Non mancano, però, gruppi di Testimoni di Geova e Anglicani.
FIUMI
Titerno e i suoi affluenti, Torbido e Vallantico.
MONTI
Monte Erbano, Monte Cigno.
PIANTE TIPICHE
Castagno, vite, ciliegio, noce, faggio, cerro, carpino, roverella (che è la quercia più comune, nel dialetto locale chiamata “cerqua”), leccio.
PIANTE DEL SOTTOBOSCO
Fungo, fragola, origano, serpillo, mercorella, genzianella, valeriana, pimpinella, scrophularia canina (erba della cancrena), parietaria, mentastra.
ANIMALI TIPICI
Cinghiale, lepre, scoiattolo, faina, martora, volpe, gufo, lupo, tasso, trota, barbo, cavedano, serpente.

Civitella Licinio, ridente frazione di Cusano Mutri, sorge ai piedi del Monte Erbano.
È circondata da montagne ricche di vegetazione:
·   a Sud est si erge il Monte Cigno (746 m.), di natura calcarea, ricoperto di arbusti cespugliosi, pini e carpini;
·     a Nord si trova il Monte Mutria (1.823 m s.l.m.) con la sua cima nuda d’estate e innevata d’inverno;
·           ad Ovest sorge il possente Monte Erbano (1.385 m).
Il suo territorio è lambito dal fiume Titerno.
È rinomata per i suoi castagneti, per l’abbondanza di funghi, per le fragole, per l’origano, per i suoi ciliegeti e per le erbe medicinali che si raccolgono su Monte Erbano.


Da vedere:

-       la chiesa di San Bartolomeo, ubicata nel centro del paese;
-       la chiesa della Madonna della Neve, costruita su un colle;
-       I Murrón’, casa costruita su una roccia;
-       i dintorni, caratterizzati da paesaggi mozzafiato;
-       le forre di Lavello;
-       le Marmitte dei Giganti;
-       la grotta del Cigno (accessibile solo a persone esperte);
-       la grotta M’nnùn’ (caratterizzata dalla presenza di stalattiti mammellonari).




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pag. 6


NOME


Il suo nome sta ad indicare un piccolo agglomerato urbano che probabilmente, in epoca remota, si trovava sul vicino Monte Cigno. L’appellativo di “Licinio”, secondo alcuni studiosi, le deriva dalla parola “Cinio” (contrazione di “Koinion” greco e “Cominio” latino), che indica un luogo fortificato, per cui Civitella Licinio significa: “Cittadella del CIGNO”.
Già in uno “strumento” del 1593 redatto in Cerreto Sannita dal notaio Mario Cappella si legge: “Una campagna di proprietà della Chiesa di S. Martino di Cerreto sita in territorio Cerreti in loco detto lo Cigno, et propre alle fontanelle dello Cigno iuxta lo paese della Rocca del Cigno. (1)
La denominazione “Licinio” ha dato origine ad una leggenda che sostiene la ricostruzione di Civitella da parte di un console o un imperatore romano di nome Licinio, scontratosi in questa zona con un certo Floro, capitano di Costantino. La storia, però, ci dice che mai Licinio e Costantino si sono battuti in Italia, ma in Asia Minore.
Va ricordato, comunque, che nell’antica Telesia esisteva una “Gens Licinia”.
Potrebbe il nome “Licinio” derivare dal termine latino “lacinia” nel suo significato di “frangia” o “piccola striscia di terra”, visto che Civitella, dopo la distruzione del “vicus” esistente sul Monte Cigno, è sempre stata una “frangia” o “piccola striscia di terra” cerretese nella valle di Cusano Mutri?
Dal 1863 il suo nome è comunque Civitella Licinio.


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(1) - Flavio Russo – “Dai Sanniti all’esercito italiano” –  Ufficio storico – Roma, 1991

Castagneto in località Faito
Le castagne rappresentavano una fonte di guadagno per gli abitanti di Civitella Licinio
(foto Carmelina Di Biase)


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CENNI STORICI


pagg. 7 - 8 - 9

PREISTORIA

Il territorio di Civitella era già abitato in epoca preistorica, lo attesta il ritrovamento nella zona di una punta di lancia di colore bianco sporco, macchiettata di nero e con il codolo molto robusto e ruvido per fare presa nell’asta su cui veniva fissata. (2)


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(2) - Angelo Michele Iannacchino – “Storia di Telesia, sua diocesi e pastori” – Benevento, 1900




PERIODO SANNITA

Le genti osche (gli Osci (3)) e, quindi i Sanniti, immigrarono nel nostro territorio, detto poi Sannio, in ondate successive (secondo alcuni agli inizi del VI secolo a.C., secondo altri tra il V e il IV secolo a.C.). Queste immigrazioni avvenivano durante le “Primavere Sacre”, vere e proprie migrazioni stagionali determinate da esigenze economiche e demografiche.


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(3) - Ancora oggi un’espressione dialettale civitellese ricorda questa antica popolazione: ad una persona poco incline alla socializzazione. 







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Il “Ver Sacrum Sabello” è stato descritto da Strabone e da altri autori. Per vincere una battaglia, allontanare un pericolo o porre fine ad una calamità naturale quale una carestia o un’epidemia, i Sabelli promettevano di sacrificare a Mamerte tutto ciò che fosse nato la primavera successiva. I bambini nati in tale periodo non venivano tuttavia letteralmente immolati, bensì lasciati crescere, ma come sacrati: in altri termini venivano consacrati al dio e, raggiunta l’età adulta, avevano l’obbligo di lasciare la loro tribù e cercare nuovi boschi e pascoli sotto la guida di un animale sacro alla divinità. L’animale - guida poteva essere un toro, un lupo, un picchio, un orso o forse un cervo, e il gruppo emigrante si stabiliva nel punto che pensava l’animale avesse indicato... È molto probabile che non si facesse ricorso ad un animale reale, ma che gli emigranti marciassero sotto un vessillo su cui l’animale era raffigurato. In ogni caso è chiaro che il motivo reale per celebrare il Ver Sacrum era la sovrappopolazione.” (1)
I giovani figli dei Sanniti, quindi, si avviavano, dietro la guida di un animale sacro, scelto dai sacerdoti, alla ricerca di luoghi meno abitati e più ricchi di pascoli. In una di queste “Primavere Sacre”, i Sanniti Pentri si diressero verso i pascoli dei monti del Sangro e sugli altopiani del Matese, dando vita alla prima comunità che, dal nome del bue sacro che li aveva guidati, prese il nome di “Bovianum”.
Il nostro territorio, dunque, fece parte del Sannio Pentro, di cui Alife, Tiferno, Sepino ed Isernia furono città importanti, poste nei punti strategici del Matese.
Gli insediamenti sanniti venivano costituiti con una configurazione pre-urbana di tipo paganico-vicano.(2)
Il pagus era lo spazio determinato proprio di ciascuna comunità, dotato di adeguati supporti e servizi necessari, un distretto.
Il vicus era, invece, l’unità insediativa produttiva, un “rione” del pagus.
Abbiamo, quindi, dei villaggi vicini a luoghi fortificati in cui rifugiarsi nei casi di emergenza.

Civitella, probabilmente, era un vicus che faceva capo a ”Rocca del Cigno”. I blocchi di pietra esistenti presso la chiesa della Madonna della Libera e le mura a secco di macigni poligonali su cui fu fabbricata la chiesa, ci fanno pensare che lì doveva esserci un antico insediamento umano, distrutto in seguito ad una battaglia ed abbandonato dagli abitanti che si trasferirono in altri luoghi. Una parte di questi abitanti costruirono un piccolo villaggio nel luogo dove attualmente si trova Civitella Licinio, perché vicino ai boschi (loro erano pastori e carbonai) e vicino all’acqua.

Il nostro territorio era importante dal punto di vista strategico per la presenza di alcune strade, non facili ma più brevi e sicure delle altre, che congiungevano Boiano, capitale del Sannio Pentro, con Tifernum e, quindi, con la pianura campana, zona particolarmente fertile e ambita da molti.
La strada che interessa in modo particolare la nostra zona, da Sepino saliva alle pendici meridionali del Monte Mutria dove si biforcava: un braccio si allacciava alla strada che raggiungeva il lago del Matese, mentre l’altro scendeva giù per la valle del Titerno. Quest’ultimo braccio, sotto Civitella, subiva un’ulteriore biforcazione:
-     il ramo principale attraversava il monte Erbano su terrazzamenti naturali e, attraverso l’altopiano di Valle Santa, si congiungeva, dietro la chiesa di San Sancio a Fontanavecchia (frazione di Faicchio), con quella che fu poi la via Latina;
-     l’altro ramo, dopo aver seguito per un breve tratto il monte Erbano, attraversava il Titerno sul ponte detto di “Annibale”, tuttora visibile, e raggiungeva Cerreto per proseguire verso Telese T., Guardia S., Limata e Benevento.  (3)


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(1) - E. T. Salmon – “Il Sannio e i Sanniti” – Einaudi, 1985

(2) - Flavio Russo – “Dai Sanniti all’esercito italiano” –  Ufficio storico – Roma, 1991
(3) - Nicola Vigliotti  - “San Lorenzello e la Valle del Titerno” – Libreria Editrice Redenzione, 1968



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pag. 10





PERIODO ROMANO

La vallata in cui attualmente sorge Civitella fu, probabilmente, teatro di battaglie tra Sanniti e Romani. Fu attraversata da Annibale e dalla sua armata nel corso della seconda guerra punica, quando il generale cartaginese sbucò nella piana del Volturno, ingannando lo stesso Fabio. Il comandante cartaginese, infatti, per eludere la sorveglianza di Fabio e mettere al sicuro il bottino, usò uno stratagemma singolare: fece legare sulle corna di parecchi buoi delle fascine accese e li fece spingere verso l’altura. I Romani, credendo che fosse l’esercito cartaginese, accorsero verso l’altura lasciando sguarnita la gola attraverso la quale Annibale passò indisturbato.
Su monte Erbano furono trovate monete puniche col cavallo da un lato e la testa di Cerere sul rovescio. (1)




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(1) -  Nicola Vigliotti  - “San Lorenzello e la Valle del Titerno” – Libreria Editrice Redenzione, 1968







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pagg. 11 - 12 





PERIODO DEI SARACENI, NORMANNI E LONGOBARDI

Dall’857, e per più di trenta anni, il nostro territorio fu infestato dai saraceni che ne divennero i padroni assoluti.
Il primo signore di Cerreto e delle terre vicine, tra cui Civitella, fu probabilmente il normanno Raone. (2)
Nel 1151, Guglielmo I Sanframondo, figlio di Raone, divenne conte di Cerreto, con i Casali di S. Lorenzello e Civitella, di Guardia S., Limata, Pietraroja, S. Lorenzo Maggiore, Ponte, Faicchio, Massa Superiore e Massa Inferiore.
Nel 1183 Guglielmo II concesse ad Umfrido la “villa” di Civitella che fu poi posseduta da Francesco Sanframondi, armato cavaliere nel 1270, e da Nicola Sanframondi.
Civitella è segnata per terra autonoma nel cedolario del 1320, con la tassa di 2 once e 22 tarì (3), nel giustizierato di Terra di Lavoro.
Il dominio dei Sanframondi nella nostra zona terminò nel 1461 quando re Ferrante la concesse a Diomede Carafa.
I Carafa dominarono questo territorio per mezzo di undici conti, sino all’abolizione della feudalità (02.08.1806).


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(2) - Ancora oggi esiste una contrada che si chiama Raone, il cui nome potrebbe derivare da Raone il normanno o da “ravone”: una grossa rava, cioè una valle a V (rovesciata) prodotta dall’erosione delle acque.

         (3) - Oncia: unità monetaria equivalente a 1/12 di asse. Tarì: moneta di origine araba, d’oro e più tardi anche d’argento,  che ebbe larga diffusione, in Italia meridionale. Gabrielli – “Grande dizionario della lingua italiana” – Carlo Signorelli Editore, 1993.









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IL BRIGANTAGGIO

Nel 1856 Civitella contava 668 abitanti di cui 321 possidentI, 3 ecclesiastici secolari, 1 maestro, 15 alunni, 2 salassatori, 1 ostetrico, 140 contadini, 40 pastori, 3 barbieri, 3 mugnai, 3 falegnami e 1 venditore di privativa.
Con l’unità d’Italia, Civitella cessò di essere comune e divenne frazione di Cusano Mutri. Conservò, tuttavia, un ufficio di stato civile separato fino agli anni ’70.
Dal 1860 al 1870, a seguito dell’unità d’Italia e dell’avvento della monarchia Sabauda, Civitella Licinio fu interessata dal “cosiddetto” fenomeno del brigantaggio.
Il “brigantaggio”, come espressione di delinquenza comune, era un fatto radicato in Italia ed era conosciuto anche dai viaggiatori stranieri, che, spesso, lo consideravano come un elemento folcloristico dell'Italia centro - meridionale. Con l’unificazione d’Italia, il fenomeno ebbe un più ampio sviluppo quando i movimenti contadini, repressi con durezza, confluirono nel legittimismo borbonico e furono sfruttati per una politica antiunitaria. La caduta del regime borbonico, infatti, provocò la riduzione degli scambi commerciali tra le province meridionali e con l’estero e la chiusura di fabbriche e cantieri. Tutto ciò, unito alla scarsità del raccolto, portò a disoccupazione e aumento dei prezzi, specialmente del pane e del sale. Di questo disagio economico, ovviamente, risentirono in modo massiccio le classi più povere tra cui i contadini (1). La gente dei campi affamata, esasperata ed emarginata, rispose con una ribellione spontanea. Purtroppo, “...priva di autentici obiettivi politici, non disciplinata da una direzione, stimolata dalle atrocità della repressione, la violenza contadina non poteva essere che indiscriminata, furiosa, anarcoide: non poteva assumere che le forme del brigantaggio". (2)
Il territorio di Civitella fu percorso da bande di contadini affamati, soldati allo sbando del disciolto esercito borbonico, e gruppi di filoborbonici che si scontrarono con soldati piemontesi e uomini della Milizia Civica e arrecarono danni anche a privati cittadini.
Le bande avevano le loro basi sui monti circostanti e vivevano in baracche di legno o in grotte .
Vestivano divise dell’esercito borbonico o il costume del luogo e usavano armi di vario tipo: carabine a tamburo rotante, fucili militari borbonici o sottratti al nemico, pistole, coltelli a serramanico o a lama fissa, baionette trasformate in pugnali e accette.
I briganti del luogo furono circa una trentina tra cui Conte Bartolomeo di Bernardino arrestato, dai Carabinieri Reali di Cusano Mutri, il 26 marzo 1863.
Il 25 agosto dello stesso anno, all’imbrunire, in località Valle Ceca, poco fuori Civitella, dieci guardie nazionali caddero in una imboscata tesa dai briganti. Il primo ad essere ucciso fu il medico di Cusano, Giuseppe De Toro, che ritornava da Civitella dove aveva visitato degli ammalati. Fu, poi, la volta del luogotenente Michelangelo Cassella, che venne colpito a morte mentre cercava di mettersi in salvo in un bosco vicino. Durante il combattimento venne catturato anche il capitano Nunziante Cefarelli da Civitella, che fu portato in un luogo poco lontano dalla strada e ucciso. (3)
Il 23 settembre, a Pianezza, località sopra Civitella, fu rapito e poi assassinato Giovanni Antonio Florio.
Le normative emanate per la repressione del brigantaggio ottennero buoni risultati, ma frenarono lo sviluppo dell’economia dei paesi della Valle del Titerno.
Le disposizioni prefettizie, infatti, vietando l’ accesso e la permanenza sul Matese a contadini, pastori e carbonai, (si temeva che fra loro si potessero nascondere i briganti), acuirono il disagio delle popolazioni che vivevano svolgendo questi lavori.



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(1) - Rosario di Lello – “Alcuni episodi del brigantaggio postunitario nei territori di Cusano e Pietraroja”.

(2) - A Piccioni  – “Il Brigantaggio” – La Nuova Italia, 1969

(3) - Rosario di Lello – “Alcuni episodi del brigantaggio postunitario nei territori di Cusano e Pietraroja”.






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pag. 13


LA PRIMA GUERRA MONDIALE

La Prima guerra mondiale vide la partecipazione di molti civitellesi. Anche il loro parroco, don Giovan Battista Lavorgna, fu richiamato e lasciò la parrocchia il 19/05/1915. Combatté sul monte Sabotino e ritornò in paese il 30/01/1917.
Durante le operazioni di guerra, come risulta dalla lapide posta sul muro esterno della costruzione annessa alla chiesa della Madonna Della Neve, morirono:

·         Amato Antonio di Francesco
·         Cefarelli Vincenzo di Andrea
·         Civitillo Luciano di Donato
·         D’Angelo Vincenzo di Nicola
·         De Biase Pietro di Giovanni Andrea
·         Di Biase Antonio di Giuseppe
·         Di Biase Emiddio di Silvestro
·         Di Biase Rocco Giuseppe di Antonio (sepolto nel Sacrario Militare di Redipuglia)
·         Di Biase Vincenzo di Luigi
·         Florio Domenico di Cesare
·         Florio Pasqualino di Giosuè
·         Iassogna Carmine fu Nicola
·         Iassogna Domenico di Pietro



PRIMO DOPOGUERRA



Civitella visse in pieno anche l’epoca fascista. Infatti, dalle interviste agli anziani, si apprende che il sabato loro lasciavano la scuola per recarsi a Cusano Mutri e partecipare al raduno di tutte le categorie nelle quali il governo Mussolini aveva diviso la popolazione:

-       FIGLI DELLA LUPA
-       BALILLA (maschi)
-       PICCOLE ITALIANE (femmine)
-       AVANGUARDISTI

-       GIOVANI FASCISTI
-       GIOVANI ITALIANE

-       MASSAIE RURALI


Processione della  “Madonna della Neve”
5 agosto 1931
(Collezione privata Giovannina Di Biase) 

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pag. 14



LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Durante la seconda guerra mondiale si verificò un significativo episodio nella nostra zona: il 4 ottobre 1943, alle 20,00, venne abbattuto il ponte di Lavello. I soldati tedeschi, ormai in ritirata, per sfuggire agli americani che erano vicini, pensarono di arretrare verso il Molise attraverso la valle cusanese e, per guadagnare tempo, decisero di abbattere il ponte prima dell’arrivo dei nemici. Ebbero, però, una grossa delusione, in quanto la valle di Cusano, così come è rappresentata sul primo stemma del paese, ha la forma di una Q. Tale grafema simboleggia la cerchia di montagne che cinge completamente la valle e l’unica via di uscita rappresentata dalla mulattiera sannita che seguiva il corso del Titerno. Delusi, i tedeschi, prima di tornare sui loro passi, decisero di distruggere ugualmente il ponte. Con l’abbattimento del ponte, la valle di Cusano tornava ad avere come unica strada praticabile l’antichissima mulattiera sannita che, attraverso il ponte di Annibale, permetteva il passaggio sul Titerno. Civitella restò, così, isolata con Cusano e Pietraroja e si salvò dalle distruzioni della Seconda guerra mondiale, anche se perse alcuni suoi figli. Una lapide posta accanto alla chiesa della Madonna della Neve riporta i loro nomi:




• Antonucci Enrico                   • Ciaudella Raffaele                           • Esposito Tommaso
• Biondi Clorindo                      • De Nigris Nicola                               • Mazzarelli Antonio
• Ciaburri Antonio                     • Di Biase Michele                              • Velardo Pasquale


Il 12 ottobre, provenienti da Cerreto, arrivarono gli Americani e, quindi, la liberazione.


24 agosto 1948 - Processione di San Bartolomeo.
Foto scattata ’ncopp’ i pont’, ossia “sopra il ponticello” della strada provinciale che attraversa il centro abitato. Ancora oggi questo punto costituisce un importante luogo di ritrovo dei Civitellesi.





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pag. 15


SECONDO DOPOGUERRA E GIORNI NOSTRI

Nel secondo dopoguerra l’economia agricolo - pastorale ha rappresentato, insieme alla produzione di carbone, la principale fonte di guadagno per i civitellesi che, in quegli anni, hanno ricominciato ad emigrare (la prima ondata migratoria si era avuta, infatti, agli inizi del ‘900). La nuova emigrazione si rivolse prima verso la Puglia e la pianura campana (mietitori, contadini, prestatori d’opera stagionali), poi verso gli Stati Uniti, il Canada, l’Argentina, l’Italia settentrionale e l’Europa. Ancora oggi, purtroppo, numerosi civitellesi vanno alla ricerca di un lavoro meno precario e si stabiliscono, con le loro famiglie, nei luoghi che offrono più sicurezza di vita.













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pagg. 16 - 17


TERREMOTI

Il territorio di Civitella si trova in una zona ad alto rischio sismico. Nel corso dei secoli, infatti, spaventosi terremoti si sono succeduti nella regione che si stende alle falde del Matese, provocando danni di varia entità.
•  Il primo di cui si ha notizia risale al 369 d. C.
•  Quello dell’847 fu, secondo l’Ostiense, tanto grande che scalzò dalle fondamenta tutta la regione di Benevento e Isernia.
•  Negli anni che vanno dall’857 all’876 un altro terremoto sconvolse il Sannio provocando l’abbandono dell’antica Telesia. La gente, infatti, temette che stesse per arrivare la fine del mondo e lasciò villaggi e casolari delle pianure e delle valli per correre a rifugiarsi nei castelli e nei paesi sui monti.
•   Del terremoto avvenuto nel 988 fanno cenno l’Ostiense e il Ciarlanti.
•   Altri sismi sono stati registrati l’11 ottobre 1125 e il 09 settembre 1349. Quest’ultimo operò danni inestimabili nella zona e, secondo alcuni studiosi, causò la comparsa delle acque solfuree di Telese.
•   Il 05 dicembre 1456 si verificò quello che è stato considerato uno degli eventi più catastrofici della storia sismica italiana. Il Baratta, descrivendo le varie località colpite e maggiormente disastrate, riferisce: “...Cerreto adeguato al suolo; 400 vittime; Guardia Sanframondi atterrata; 100 morti; Morcone totalmente distrutta; Pontelandolfo notevolmente danneggiata”.
•   Il terremoto del 05 giugno 1688 (sisma dell’ XI grado della M. C. S.) assunse nella storia del nostro territorio un’importanza capitale. La regione interessata fu molto estesa, Napoli fu sconvolta, Benevento riportò seri danni, la vecchia Cerreto fu radicalmente distrutta, Pietraroja cadde e vi morirono 400 persone, San Lorenzello fu quasi del tutto coperta dai massi precipitati da mont’Erbano. Civitella, secondo il Magnati “…non si riconosce dove fosse stata giammai edificata, perché tutta sepolta tra le rovine dei suoi edifici e fabbriche, essendovi rimasta pochissima gente, che si trovava fuori in campagna”. Questo terremoto non risparmiò nemmeno l’antica chiesa di San Bartolomeo e monsignor G. B. De Bellis scrisse a Roma che “…Civitella è caduta tutta colla parrocchiale, ove anco restò in piedi l’altar maggiore, e da trecento anime che facea son morti sessantotto”. Lo stesso vescovo, poi, in un’altra relazione del 1689 fece noto, con enorme dolore, che i poveri sopravvissuti vivevano in baracche di legno ed in grande miseria, mentre i Sacramenti venivano amministrati in una angusta cappella che sorgeva nei pressi (forse l’antica chiesetta di San Rocco?).
•   Altro movimento tellurico scosse il paese nel 1694, ma stavolta senza conseguenze catastrofiche.
•   Un grosso spavento si ebbe, invece, col terremoto del 26 luglio 1805 (VII-VIII grado della M.C.S.), che si ripeté ad intervalli fino al 1806. Secondo la relazione redatta dalla Commissione nominata dal re Ferdinando per constatare i danni. “…in Civitella e Cusano furono notevoli i boati…; notevole fu poi il numero dei massi che caddero lungo la strada da Cerreto a Civitella. L’urto di un sasso contro la montagna opposta provocò la rottura di una crosta lapidea che scoprì una vasta galleria sotterranea.”
•   Nel 1962 si registrò una nuova scossa tellurica che lesionò alcune case, ma non ebbe gravi conseguenze.
•   L’ultimo terremoto che ha sconvolto questa zona è stato quello del 23 novembre 1980 (X grado della M.C.S.), che ha provocato la caduta di parecchie case ed un notevole spavento negli abitanti di Civitella.



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Panorama dal Monte Cigno

(foto Lucia Di Biase)

Nel punto indicato dalla freccia si trovava l’enorme macigno detto “Piscu ‘mpis’” o”Pesco appeso” o, più esattamente, “Macigno in bilico” che, per ragioni di sicurezza (così si disse), fu frantumato con le mine e fatto cadere nel primo pomeriggio del 29 ottobre 1965. Per quella operazione la sottostante strada provinciale Cerreto Sannita – Civitella Licinio – Cusano Mutri venne chiusa al traffico per circa un’ora.




Panorama  della conca di Cusano Mutri  dalla strada che da Civitella Licinio  porta alla "Piana del Campo" (foto P. Petrillo)




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TERRITORIO


MONTE ERBANO


UBICAZIONE
Ad Ovest di Civitella Licinio
ALTEZZA
1.385 m s.l.m.
ORIGINE
Carsica
GROTTE
San Michele (Calvisi)
FLORA
Castagno, faggio, pino, agrifoglio, carpino bianco,   carpino nero, funghi, fragoline
ERBE
Valeriana, timo, pimpinella, maggiorana, origano,   serpillo, malva, ruta, genzianella, lupinella, sambuco, scrophularia canina (“èrua d’a cancarèna”: erba della cancrena), finocchietto, mentastra, …
FAUNA
Cinghiale, faina, martora, lepre, scoiattolo, gufo, taccola, serpente, volpe, …
CURIOSITA’
Con le sue erbe, a S. Lorenzello (BN), viene prodotto un ottimo liquore: il "Nirvana"”
ERBANO = monte ricco di erbe




Monte Erbano si estende da San Lorenzello a Calvarusio ed è diviso in sezioni:
•  I sezione: va da San Lorenzello a Pianezza o “Chianezza”;
• II sezione: da Pianezza (o Chianezza) a Mazzucchello (Campo), all’altezza di 1.300 m c’è fontana Campo;
• III sezione: da Mazzucchello a monte Crosco.
Monte Erbano rientra nei comuni di Cusano Mutri, San Lorenzello, Faicchio, Gioia Sannitica e i confini sono delimitati da spartiacque e da termini in pietra.
Tempo fa era ricoperto di boschi cedui che venivano tagliati ogni venti anni. Ora il bosco ceduo è quasi scomparso.
Quando si tagliavano i boschi 15- 20 famiglie per sezione preparavano il carbone. Iniziavano in primavera e finivano in autunno. I carbonai erano originari di Piedimonte Matese e di Cervinara (1).
Le carbonaie bruciavano per 15 – 20 giorni e, per spegnere il fuoco, si usava il terreno. Il materiale, poi, veniva trasportato a valle con i muli che, nel comune di Cusano erano 80 o 90. I mulattieri si alzavano alle tre del mattino per arrivare sul posto all’alba.
La vegetazione di monte Erbano è folta e lussureggiante. Ammiriamo, a 500 – 600 m, moltissimi castagneti, più in alto pini, carpini bianchi, carpini neri, faggi, cespugli di agrifoglio.
Sulla montagna si raccolgono molte specie di erbe medicinali che, essiccate, servono per preparare decotti ed infusi.
Con alcune erbe, poi, gli abitanti di San Lorenzello preparano il liquore “Nirvana”.



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(1) – Il termine dialettale per indicare gli abitanti di Cervinara, c’r’unar’, è diventato sinonimo di carbonaio.





Monte Erbano con Civitella Licinio visti da Contrada Triterno
(foto Carmelina Di Biase)





Castagneto di Monte Erbano  (foto Carmelina Di Biase)




Sentiero tra castagni in fiore (foto P. Pdetrillo)


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 PIANTE MEDICINALI DI MONTE ERBANO


Nome
Parti utilizzate
Come Raccoglierle
Quando Raccoglierle
Proprietà
Indicazioni
Alloro
(laurus nobilis)


-   foglie
-   frutti
-     recidere le foglie senza il picciolo
-     essicarle al sole o all’ombra
In estate
-   antisettica
-   sedativa
-   stimolante
-   sudorifera
-  affaticamento
-  astenia
-  digestione
-  dolore
-  punture di insetti
-  dismenorrea
-  reumatismi
-  sonno
Menta piperita
-   foglie
-   fiori
-   frutti
-     recidere la pianta 10 o 20 cm al di sotto dell’infiore- scenza
Luglio - Agosto

-   dissetante
-   rinfrescante
-   digestiva
-   antifermentativa
-   antispasmodica
-   leggermente analgesica

-  prurito
-  infiammazione delle mucose, delle vie aeree, della cute
-  alito cattivo
Salvia officinalis
-   foglie
-   frutti

-     recidere i fusti 10 o 20 cm al di sotto dei fiori
-     foglie: da aprile a luglio

-     fiori: da maggio ad agosto
-   eupeptica
-   digestiva
-   ipoglicemizzante
-   stimolante
-   antispasmodica
-   antisettica
-  digestione
-  sudorazione
-  tosse
-  asma
-  diabete
-  irritazione delle gengive, della bocca, della gola e dell’epidermide






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Nome
Parti utilizzate
Come Raccoglierle
Quando Raccoglierle
Proprietà
Indicazioni
Serpillo
(Thymus serpyllum)
-    fiori
-    foglie
- tagliare gli steli fioriti
- essiccarli appesi a mazzi
- da giugno ad agosto
-   aromatizzante
-   digestiva
-   depurativa
-   balsamica
-   tossifuga
-   anticatarrale
-   antisettica
-   stimolante
-   digestione
-   tosse
-   affaticamento
Corbezzolo
(Arbustus unedo)
-    foglie
- staccare le foglie a una a una insieme al picciolo
- da maggio ad agosto
-   astringente
-   antisettica
-   diuretica
-   Infiammazione dell’intestino e del rene
-   diuresi
Cedrina
(Lippa triphilla)
-    foglie
-    sommità fiorite
- recidere le foglie e le infiorescenze
- essiccare all’ombra
- foglie:da luglio a settembre (di mattina)
- fiori: da agosto a settembre
-   aromatizzante
-   digestiva
-   antispasmodica
-   digestione
-   dolore
Rosmarino
(Rosmarinus officinalis)
-    rami
-    fiori
-    foglie
- staccare i rametti giovani
- tutto l’anno
-   aromatizzante
-   digestiva
-   aperitiva
-   antispasmodica
-   diuretica
-   balsamica
-   antisettica
-   stimolante
-   dolori articolari
-   diuresi
-   sudorazione
-   tosse
Scrophularia canina o Ruta canina (erba della cancrena)
-    fiori
-    steli giovani
- recidere steli e fiori
- essiccare al sole
- agosto
-   calmante
-   disinfettante
-   bronchite
-   tosse
-   ferite infette









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PIANTE MEDICINALI DI MONTE ERBANO


Nome
Parti utilizzate
Come Raccoglierle
Quando Raccoglierle
Proprietà
Indicazioni
Timo
(Thymus vulgaris)
-   sommità fiorite
-    recidere gli steli 10 o 15 cm al di sotto dei fiori
-  da maggio a luglio
-    aromatizzante
-    digestiva
-    depurativa
-    balsamica
-    tossifuga
-    anticatarrale
-    antisettica
-    stimolante
-      digestione
-      tosse
-      pertosse
-      catarro
-      infezioni intestinali e delle vie aeree
Origano
(Origanum vulgare)
-   steli fioriti
-    recidere i fusti 10 o 20 cm sotto l’infiorescenza
-    essiccare all’ombra
-  da giugno ad agosto
-    aromatizzante
-    aperitiva
-    digestiva
-    antispasmodica
-    espettorante
-    stimolante
-    antisettica
-      digestione
-      dolori intestinali
-      tosse
-      catarro
-      nevralgia
Maggiorana
(Origanum majorana)
-   sommità fiorite
-    recidere gli steli 10 o 15 cm da terra
-  da luglio a settembre
-    aromatizzante
-    digestiva
-    antispasmodica
-    antinevralgica
-    sedativa
-      digestione
-      contrazioni dolorose
-      nevralgia
-      diuresi
Ortica (Urtica dioica)

-   steli fioriti
-    recidere gli steli a 10 cm dal terreno
-  da aprile a settembre
-    urticante
-    dietetica
-    diuretica
-    depurativa
-    antinfiammatoria intestinale
-    normalizzante del cuoio capelluto
-      enteriti
-      colesterolo
-      reumatismi
-      artriti
-      acne



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Nome
Parti utilizzate
Come Raccoglierle
Quando Raccoglierle
Proprietà
Indicazioni
Pimpinella
(Sanguisorba minor Scop.)
-     foglie
-     fiori
-    recidere al colletto eliminando le foglie secche e le parti legnose
-    essiccare in strati sottili all’ombra
-   da aprile a luglio o in autunno
-   astringente
-   antiemorroidale
-   digestiva
-   aromatizzante
-     disturbi di stomaco ed intestinali    
-     inappetenza
-     emorroidi
-     scottature            
Valeriana officinalis
-     rizoma fresco con le radici
-   estirpare
-   essiccare al sole
-   primavera o autunno
-   sedativa
-   ansiolitica
-   antispasmodica
-   sonnifera
-    nervosismo
-    ansia
-    coliche
-    palpitazioni
-    sonno
-    convulsioni
Finocchio (Foeniculum vulgare)
-     radici
-     frutto
-    estirpare
-    essiccare al sole
-    setacciare i semi
-   radice in ottobre / novembre
-   frutti in agosto / settembre
-   digestiva
-   antimeteorica
-   antispasmodica
-   antibatterica
-    frutti: difficoltà digestive, meteo- rismo, colon irritabile
-    radice: diuretica





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IL CASTAGNO


FAMIGLIA …………………     fagaceae
ALTEZZA ………..……….      fino a 35 m
FIORITURA…………...….       giugno – luglio

LUOGO DI VEGETAZIONE   fino a 900 m nell’Italia settentrionale
                                                    fino a 1300 m nell’Italia meridionale

APPARATO RADICALE ….   mediamente profondo, espanso e robusto

FUSTO………………………   eretto e robusto, si ramifica presto e forma una chioma vigorosa ed ampia

CORTECCIA………………    da giovane è liscia e di colore grigio- olivaceo
                                                    negli alberi più anziani è screpolata in senso longitudinale

FOGLIE……………………      non persistenti, di forma ellittica- lanceolata, misurano da 8 a 20 cm in lunghezza e da 3 a 6 in larghezza

FIORI……………………….     maschili disposti in amenti lunghi 10- 20 cm
                                               femminili, posti alla base degli amenti, sono protetti da un involucro verde e squamoso che, poi, formerà il riccio

RICCIO……………………..   grande fino a 10 cm di diametro, protegge i frutti

FRUTTI ……………………     castagne, contenute in numero da 2 a 5 nel riccio   

PARTI UTILIZZATE                  foglie - frutti – corteccia dei rami – buccia

RACCOLTA ………………..   frutti: settembre – ottobre – novembre
                                                    foglie: aprile – maggio
                                                    corteccia: autunno o primavera

CONSERVAZIONE ………..  frutti:
                                                    - curarli in acqua fredda
                                                    - stratificarli nella sabbia
                                                    - surgelarli

                                                    foglie:
                                                    - reciderle insieme al picciolo
                                                    - essiccarle all’ombra rimuovendole spesso
                                                     - conservarle in sacchetti di tela o di carta

                                                    corteccia:
                                                    - recidere alcuni rametti di 1 o 2 cm di diametro
                                                     - staccare la corteccia
                                                     - tagliarla in pezzi lunghi 5 cm circa
                                                     - essiccarla al sole
                                                     - conservarla in sacchetti di tela o di carta




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UTILIZZO DEL CASTAGNO


PARTE
PROPRIETA’
INDICAZIONE
MODO D’USO













Foglie







DISINFETTANTE






-      vie respiratorie (uso interno)
Infuso
-    mettere una foglia secca in un bicchiere di acqua bollente
-    aspettare alcuni minuti
-    berne 2 o 3 tazzine al giorno
-      pelle (uso esterno)
Infuso
-    mettere 3 foglie secche in un bicchiere d’acqua bollente
-    fare raffreddare
-    fare impacchi
-      mucose
-      faringite (gargarismi)
Infuso
-    mettere 40 g di foglie secche in 1 litro di acqua bollente per 15 minuti
-    fare gargarismi (dose giornaliera)

SEDATIVO
-       tosse (uso interno)
Infuso
-    mettere 40 g di foglie secche in un litro di acqua bollente per 10 minuti
-    berne 2 o 3 tazzine al giorno a piccoli sorsi






















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Foglie
ANTIFORFORA
Uso esterno
Infuso
-       mettere 60 g di foglie in un litro di acqua bollente
-       fare raffreddare
-       frizionare il cuoio capelluto





Frutti


RICOSTITUENTE

Astenia (uso interno)

-       mangiare castagne cotte

Convalescenza
(uso interno)

-       mangiare castagne cotte

Demineralizzazione
(uso interno)
-       mangiare castagne cotte
PROBLEMI DIGESTIVI
Diarrea (uso interno)

-       mangiare castagne per qualche giorno

COSMETICO
Cosmetico (uso esterno)
-  lessare le castagne
-  setacciare la polpa per ottenere una crema semifluida
-  passare sul viso come una maschera per schiarire e idratare la pelle
Corteccia
COSMETICO
Pelle fragile (uso esterno)
Decotto:
-  far bollire 2 g di corteccia in 100 ml di acqua
-  fare lavaggi
-  applicare compresse per 15 minuti

Buccia

COSMETICO

Riflessane (uso esterno)
-  cuocere in acqua le bucce di castagna
-  filtrare
-  sciacquare i capelli dopo lo shampoo












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MONTE CIGNO




  Monte Cigno visto dal basso (foto P. Petrillo)
 Monte Cigno dalla vecchia strada provinciale, ora con pista ciclabile.




Il monte Cigno è interessante per i fenomeni carsici.
La sua roccia è di natura calcarea; è pieno di cavità imbutiformi, dirupi, precipizi, e il sottosuolo rivela grotte con stalattiti e stalagmiti.
A circa 200 metri al di sotto della Rocca del Cigno (cima) si trova l’ingresso, molto stretto, di una grotta chiamata con diversi nomi dagli abitanti del luogo, ma conosciuta all’Istituto Speleologico Italiano di Postumia, come “Grotta Chiusa”. Dalla volta della grotta, pendono numerose stalattiti di colore ocraceo e di forme diverse.

UBICAZIONE
A Sud/Est di Civitella Licinio
ALTEZZA
746 m s.l.m.
ORIGINE
Carsica
GROTTE
Grotta Chiusa o “Dei Briganti”, Grotta delle Fate, Grotta “Mnnùn” (grosse mammelle)
FLORA
Pino, cardo, mentastra, abete, castagno, carpino, ginestra
FAUNA
Lepre, faina, martora, gufo, serpente…
ERBE
Mentastra, pimpinella
CURIOSITA’

Forra ( solco)
La forra è un profondo scoscendimento a pareti verticali e ravvicinate, tra le quali scorre un corso d’acqua, prodotta dall’erosione fluviale.

Marmitte dei giganti

Profonde buche scavate nella roccia dall’acqua di una cascata, che cade con violenza trascinando ciottoli e granelli di sabbia, facendoli ruotare in senso antiorario.

Cigno

Da “Koinon” o “Koinion” greco, “Cominium” latino: luogo fortificato. Sulla sua sommità, infatti, esisteva la rocca di un piccolo centro fortificato.





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IL FIUME TITERNO


Il Titerno è sempre stato molto importante per Cusano e le sue frazioni, tanto per l’economia (pesca, irrigazione dei campi, lavaggio dei panni - lana…) quanto per la vita sociale (lavaggio dei panni con conseguente scambio di opinioni tra le massaie, bagno…).


Fiume Titerno sopra le forre di Lavello  (foto P. Petrillo)



Fiume Titerno sopra le forre di Lavello  (foto P. Petrillo)








Fiume Titerno sopra le forre di Lavello  (foto Carmelina Di Biase)






Fiume Titerno – cascata all'inizio delle forre   (foto P. Petrillo)


Sull’origine del suo nome molteplici sono le ipotesi. Titerno deriverebbe da :

·        TIFERNUS ……..      corso d’acqua del Sannio Pentro (Tito Livio, Plinio il Vecchio);
·         TRITERNO ……..     tre terne di ruscelli, nove rivoli che danno origine al fiume (Domenico      Franco);
·        TIBER ……………    corso d’acqua (V. A. Maturo);
·         TEIRO  – TEREO ..   radice greca che vuol dire consumo, sfrego, traforo, tormento (con  riferimento all’azione erosiva del fiume che ha scavato nella roccia il suo alveo) (S. Mastrobuoni).

L’ipotesi più suggestiva, però, è quella legata ad una leggenda secondo la quale, durante una battaglia svoltasi nella zona, un generale romano vide morire qui suo figlio Tito. Temendo i profanatori di tombe, nottetempo, fece deviare il corso del fiume, vi seppellì il cadavere e fece riportare il corso d’acqua nel suo letto naturale. Rivolse, poi, al figlio l’estremo saluto con la frase: ”Tito, qui sarai in eterno!”. Da qui il nome  Titerno.

Il Titerno nasce da “Fonte Lagno di Ferro”, a monte della località “Tre Valloni” nel territorio di Pietraroja, a circa 1.500 m s. l. m.. Attraversa i paesi di Pietraroja, Cusano Mutri, Civitella Licinio, Cerreto Sannita, San Lorenzello, Massa di Faicchio e Faicchio. Riceve le acque dei torrenti Acqua Paradiso, Reviola, Torbido, Vallantico, Turio e confluisce, con una foce a estuario, nel Volturno dopo circa 26 km, presso Puglianello. La larghezza del suo letto torrentizio varia da un minimo di 2 m ad un massimo di quasi 200 m. La sua flora caratteristica è rappresentata da alno (ontano), vetrice (sfruttata per manufatti in vimini) e mazza sorda (utilizzata per impagliare le sedie). La sua fauna è rappresenta da trote, anguille, granchi, bisce, rane, rospi, cavedani, barbi.



Lungo il suo corso sono visibili numerosi luoghi suggestivi: cascate, forre (tra cui quella di Lavello), “Marmitte dei giganti”, Ponte di Annibale, Ponte Fabio Massimo (nel comune di Faicchio).

Il territorio attraversato dal Titerno ha una configurazione geografica ed una struttura geologica molto interessanti e complesse, ed è in grado di raccontare con estrema puntualità la storia e l’evoluzione ambientale della nostra regione da più di 100 milioni di anni fa ad oggi. Il Titerno ha lavorato incessantemente per regalare alle terre da lui attraversate una conformazione straordinaria con paesaggi e forme naturalistiche stupende. Lungo la parte montana del suo corso si possono ammirare diverse e spettacolari forme di forre, tra le quali, la più suggestiva e completa è quella di “Ponte Lavello” situata al confine tra i territori comunali di Cusano Mutri e Cerreto Sannita.








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“Pesco di Civitella”, detto anche “i murronë” dagli abitanti di Civitella Licinio. Si tratta di un enorme sasso isolato (in una zona pianeggiante), sormontato da una casetta ben adattata a quell’enorme sasso, che si trova, all’altezza di Civitella Licinio, vicino alla nuova strada di collegamento (la bretella) tra Cusano Mutri e Cerreto Sannita e che costituisce una vera e propria attrazione.



IL TORRENTE TORBIDO




Confluenza del Torbido nel Titerno (da notare la differente colorazione dell’acqua)
(foto Carmelina Di Biase)





SORGENTE
Monte Defenza a quota 1.354 m s.l.m., nel territorio di Pietraroja
PERCORSO
Pietraroja – Cusano Mutri – Civitella Licinio
FOCE
Estuario (alla confluenza con il fiume Titerno)
PORTATA
A regime torrentizio
LUNGHEZZA
8,5 km circa
CURIOSITA’
 Sarebbe denominato TORBIDO : 

-         perché attraversa un terreno argilloso che intorbida le sue acque
-         per l’irruenza delle sue acque che  trasportano detriti






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IL TORRENTE VALLANTICO





Il Vallantico (foto Carmelina Di Biase)




Il Vallantico (foto Michele Antonuccio)


SORGENTE
Monte “Tre Cantoni” a quota 1.107 m s.l.m. nel territorio di Pietraroja
PERCORSO
Pietraroja – Civitella Licinio
FOCE
Estuario (alla confluenza con il fiume Titerno)
PORTATA
A regime torrentizio
LUNGHEZZA
7 km circa
CURIOSITA’
La denominazione di VALLANTICO deriverebbe da:

-         Valle antica

-         Vallo Antico (antico luogo fortificato)





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Monte Cigno e parte del centro abitato di Civitella Licinio visti dalla strada che porta alla Fontana del Campo  (foto P. Petrillo)



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BELLEZZE ARCHITETTONICHE






LA CHIESA DI SAN BARTOLOMEO APOSTOLO




Chiesa di San Bartolomeo Apostolo (foto Pierpaolo Masotta)


Ubicata nel centro storico, è la chiesa parrocchiale, dedicata a san Bartolomeo apostolo la cui festa si celebra il 24 di agosto.
Rialzata rispetto al fondo stradale, vi si accede per mezzo di una doppia scalinata, i cui due bracci convergono in un ballatoio molto ampio, dal quale, tramite 2 scalini, si può agevolmente entrare nell’edificio. La chiesa è formata da una sola navata, che termina in un’abside semicircolare in cui si trova l’altare maggiore, dalla sacrestia e dalla cappella di san Rocco. Gran parte della zona sottostante il pavimento è vuota perché vi si seppelliva. Presenta una facciata ornata da un frontone triangolare sotto il quale si aprono due finestre che sovrastano l’unico portale. Alla sua sinistra sorge la bella, sia pur modesta, torre campanaria che, forse, ricalca quella costruita nel XVII secolo. Sul campanile, dal 20 giugno 1925, è posto un orologio a due campane (per ore e quarti d’ora), opera del cav. Sellaroli.
Di origini molto antiche, era una chiesa parrocchiale arcipretale di patronato del feudatario. Doveva essere un edificio alquanto ampio a giudicare dai verbali delle visite pastorali del XVI e del XVII secolo. In essa si trovavano l’Altare Maggiore, al quale era aggregata la Confraternita del SS. Corpo di Cristo, l’altare dedicato a san Giacomo di patronato di Cristoforo Ciaudella, quello dedicato a santa Caterina che era sotto il patronato dei Conte, l’altare dedicato a san Nicola da Tolentino (o altare della Trinità) sotto il patronato dei Simeone e quello dedicato a San Nicola di Bari sotto il patronato dei Iannotta.
Accanto all’Altare Maggiore c’era la cappella del SS. Rosario a cui faceva capo una confraternita. Era costruita con soffitto a volta ed aveva una statua in legno della Vergine ed i misteri del Rosario dipinti sulle pareti.


Interno della chiesa di San Bartolomeo Apostolo (foto Pierpaolo Masotta)



La sacrestia fu edificata all’inizio del XVII secolo e sorgeva alle spalle del coro.
Il terremoto del 05 giugno 1688 non risparmiò la chiesa come non risparmiò le poche case che le facevano corona.
La chiesa cadde del tutto e, di essa, restarono in piedi solo alcuni tronconi delle pareti. La ricostruzione, analogamente ad altri paesi della contea, iniziò ben presto e, con essa, risorsero l’antica parrocchia e la chiesa, posta fuori le mura, della Madonna delle Grazie o Santa Maria della Neve.
Anche i terremoti del 1962 e del 23 novembre 1980 provocarono seri danni alle strutture portanti ed alla copertura della chiesa, che venne chiusa al culto per l’eccessiva pericolosità. I lavori di restauro, sotto la sorveglianza dei tecnici del Provveditorato alle OO.PP. e della Soprintendenza per i BB.AA. di Caserta e Benevento, hanno permesso di rinforzare le strutture di sottofondazione e le murature portanti della navata, dell’abside, della cappella di san Rocco e della sagrestia, di sostituire la copertura e la volta, di rifare la cantoria e di restaurare la torre campanaria.
Nella “nuova” chiesa è possibile ammirare dei piccoli “tesori” d’arte:
-         l’organo, di scuola napoletana, costruito da Raffaele di Giuseppe Mascia, organaro di Agnone, nel 1851. Di stile settecentesco, racchiuso in cassa di risonanza, ha una facciata a tre campate di canne appartenenti al registro principale. Le canne di facciata sono in stagno, mentre quelle interne sono in lega. La tastiera, a “finestra”, ha 45 tasti (do 1 do 5) originali con prima ottava a scavezza o in testa. Funziona con manticeria manuale e con un elettroventilatore da usare in alternativa all’azione manuale. L’organo è stato ristrutturato nel 2000 dalla ditta “Augusto Bevilacqua” da Torre dei Nolfi di Bugnara in provincia dell’Aquila;
-         un Tabernacolo ligneo del XVIII secolo, restaurato dal professor Marco De Lerma, il quale ha proceduto alla pulitura, al consolidamento, all’integrazione delle parti mancanti ed al ripristino della intonatura e doratura delle stesse;
-         la “Via Crucis” in ceramica realizzata dal maestro Antonio Franzese; i quattordici pannelli, come dice l’autore, ”rispondono alla concezione personale, il cui oggetto di riflessione è individuato in alcuni popoli ancora oggi emarginati e ghettizzati; la tecnica ceramica è stata sviluppata in rapporto alle singole formelle; la stessa ha contribuito ad accrescere la drammaticità della scena; la puntinatura, la screziatura dello smalto e dei colori sono stati volutamente così apposti, ad integrazione della costruzione di ogni singola stazione; il tutto è stato presentato in modo che l'inserimento dei quattordici pannelli, nella prevista struttura architettonica, avvenisse in sintonia con gli elementi preesistenti”;
-         il Fonte Battesimale, in pietra locale, è ricoperto da una struttura in metallo dorato in cui sono impressi alcuni simboli cristiani; è abbellito da un pannello in ceramica realizzato dal maestro Antonio Franzese e riportante cinque scene che vanno dalla nascita di Cristo, al suo battesimo nel fiume Giordano, al nostro Battesimo;
-         l’Altare Maggiore, in marmo bianco con inserti in marmo color mattone e nero, regalato alla chiesa nel 1922 da don Pasquale Florio, nativo di Civitella e arciprete di Caselle- Auduni (il costo dell’altare fu di 1.000 lire); il nuovo altare è stato realizzato e donato dalla ditta Di Biase Bartolomeo;
-         la cantoria, sorretta da due colonne; su di essa è situato l’organo ed è lì che prende posto il coro parrocchiale; è anche il luogo da cui partecipano alla Messa alcuni uomini;
-         statua in terracotta raffigurante san Rocco, situata in una nicchia nel muro esterno della chiesa, dietro il campanile; la statua si trovava nell’antica chiesa di san Rocco e pare che fosse opera Laurentina - Cerretese;
-         cappella di san Rocco, voluta dal popolo e dal parroco don Giovan Battista Lavorgna, probabilmente per rimpiazzare l’antica chiesetta di san Rocco, ormai in rovina; iniziata nel 1913, fu ultimata nel 1920; le fondamenta e il tetto originari erano opera di Di Biase Giovannandrea e dei figli Pietro e Fiorentino; la volta, a mattonelle, fu eseguita da Mennato Barile da Cusano; l’altare di marmo è opera del signor prof. D. Raffaele, mentre la nicchia, in legno di noce, è stata fatta da Di Biase Giovannandrea e dal figlio Fiorentino; la cappella ha una stanza sottostante il cui portale in pietra è avanzo dell’antica chiesa di san Rocco.





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LA CHIESA DELLA MADONNA DELLA NEVE


Chiesa della Madonna della Neve (foto Emidio Civitillo)


Situata su un colle poco fuori il centro abitato, la chiesa è molto antica. Non se ne conosce la data esatta di costruzione, ma si sa con certezza che esisteva già nel 1596 in quanto viene riportata negli “Atti di Santa Visita” del 1596 per Mons. Savino.
Anticamente era una chiesa “extra moenia” (fuori le mura), “a populo constructa” (costruita dal popolo), intitolata a Santa Maria delle Grazie e amministrata da un eremita. Ad essa facevano capo le Confraternite di Santa Maria delle Grazie e di Sant’Onofrio. I due altari erano dedicati alla Vergine delle Grazie ed a Sant’Onofrio. Nel 1614 fu innalzato un nuovo altare, dedicato a Santa Maria della Neve, il quale dal 1639 diede il titolo alla chiesa. Anche questo luogo sacro fu distrutto dal terremoto del 05 giugno 1688.
Chiesa della Madonna della Neve
incisione in latino su un gradino della scalinata esterna 


 (foto Emidio Civitillo)


Nel corso dei secoli la chiesa è stata sottoposta a varie ristrutturazioni; si ha notizia sicura di quella ultimata nel 1922 e dell’ultima avvenuta nel 1966.
Attualmente fa parte di una costruzione che ha, sulla sinistra di chi le sta di fronte, tre stanze intercomunicanti (le celle dell’antico romitorio), sulla destra quattro stanze e, sul retro, un mini parco-giochi. Quest’ultimo occupa il posto dell’antico cimitero, chiuso quando fu aperto quello in località Rialto.
La facciata è ornata da un frontone triangolare, sormontato da una croce, da una breve scalinata che porta al campanile e alla cantoria e da una lunetta con l’immagine della Madonna della Neve.
Vi si accede tramite tre gradini.
Internamente è formata da una sola navata e dalla sacrestia. La zona in cui si trova l’altare è separata dal resto della navata da una balaustra in legno.


Interno della chiesa della Madonna della Neve 
(foto Angelo Pascale)



Da ammirare:
          -    la statua in legno della madonna della Neve, posta sull’altare;
          -    l’altare in marmo bianco con inserti color mattone e nero;
          -    la cantoria sorretta da due colonne, alla quale si accede dall’esterno;
          -    le incisioni in latino su un gradino della scalinata esterna;
          -    alcune incisioni, tra cui lo stemma dei Sanframondo e una testa di lupo, sull’architrave e sugli stipiti della porta che immette nella cantoria;
          -    la lunetta, posta sull’architrave della porta d’ingresso, formata da piastrelle in ceramica di scuola Laurentina - Cerretese, raffigurante la Madonna della Neve e datata 1731.
Chiesa della Madonna della Neve
lunetta sovrastante il portone di ingresso


 (foto Emidio Civitillo)








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ITINERARI TURISTICI


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PRIMO ITINERARIO: CIVITELLA LICINIO - PIANA DEL CAMPO – PIANEZZA - FONTANA DEL CAMPO




Piana del Campo (foto P. Petrillo)








Cavalli alla Piana del Campo   (foto P. Pdetrillo)




ACCESSO: da via Orto Vecchio, per via Canale, si raggiunge la località Colle; all’altezza della fontana si svolta a destra e si segue la strada che, attraverso le località Fontanelle (1,00 km circa), Campate (1,6 km) e Pozzo Capuano (2,9 km), giunge a “Piana del Campo” (4,5 km). Cento metri prima di quest’ultima località, si incontra, sulla destra, il “tratturo” che, dopo circa 1 km, porta a “Fontana Campo” e, sulla sinistra, la strada che conduce a Pianezza (o Chianezza).


TEMPI DI PERCORRENZA: andata 3,00 h - ritorno 2,30 h;

DISTANZA: ………………… 4,5 km in salita;

SOSTE POSSIBILI: ………..  Fontana Fontanelle - Pozzo Capuano - Piana del Campo - Fontana Campo – Pianezza (o Chianezza);

DIFFICOLTÀ: …………….…  agevole il primo tratto, impegnativo il secondo;

EQUIPAGGIAMENTO:…….   scarponi da trekking, borraccia, zaino, binocolo, macchina fotografica, colazione a sacco;

PUNTI D’ACQUA:…………    Fontana Fontanelle, Pozzo Capuano, Fontana Campo;

PUNTI D’APPOGGIO :…….   a 300 m circa da Piana del Campo, in direzione della Fontana del Campo, esiste un rifugio della forestale;

FLORA: ……………………… fino alla località Fontanelle il terreno è coltivato; da Fontanelle alla località Campate la zona è coperta di castagneti; nell’ultima parte è coperta di faggi; lungo il percorso, a seconda della stagione, è possibile vedere more, fragole, funghi, lamponi, origano, maggiorana….;

FAUNA: ……………………..  volpe, cinghiale, lepre, colombaccio, picchio, merlo, taccola, ghiandaia, faina, scoiattolo…. .






LUNGO L’ITINERARIO...

FONTANA FONTANELLE - Circondata da castagneti, è costituita da una fontana in pietra e cemento con lavatoio per i panni e da un abbeveratoio in cemento; il muretto che la circonda su tre lati è rivestito di lastre di pietra di colore bianco e ocra; la sua acqua viene usata da molti abitanti di Civitella e delle zone limitrofe; fino a poco tempo fa essi si recavano ad attingerla direttamente sul posto, mentre ora possono procurarsela più agevolmente alla fontana Canale (che si incontra all’inizio di questa escursione) nelle cui tubature è stata incanalata.





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POZZO CAPUANO - Si trova a quota 850 m s.l.m.; è un pozzo costruito in pietra con un abbeveratoio, anch’esso in pietra, per le mandrie.




Il "Pozzo Capuano" si trova lungo la strada che porta alla Piana del Campo 
(foto P. Petrillo)


PIANEZZA (o Chianezza) - Località a 954 m s.l.m.; dista circa 1 km da Piana del Campo. È una dolina circondata da faggi e pini. Vi si allevano bovini ed equini allo stato brado, ma vi si possono incontrare anche animali selvatici in quanto il posto è dotato di una cisterna in pietra a forma di pozzo ricoperto (i puzz’ d’ Chianézz’) che permette loro di dissetarsi.


Piana "Pianezza" (foto P. Petrillo)


FONTANA CAMPO - Posta a 1.232 m s.l.m., la fontana è costruita in pietra e porta scolpiti, su una delle sue facce, lo stemma di Cusano Mutri (tre torri) e la data di costruzione:1803. Anche questa fontana è dotata di un abbeveratoio per gli animali allevati nella zona.


Fontana Campo (foto Domenico Florio)


Fontana Campo: particolare (foto Domenico Florio)




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SECONDO ITINERARIO: CIVITELLA - PONTE PESCO APPESO - CONTRADA SCHITO - GROTTA DEL CIGNO

ACCESSO: partendo da via Orto Vecchio, si percorre la provinciale Civitella - Cerreto. A circa 1,5 km, pochi metri prima della località “Pesco Appeso” (masso in bilico), si lascia la provinciale e si imbocca, sulla sinistra, un tratturo che, attraverso il “Ponte Pesco Appeso” sul fiume Titerno, porta a Monte Cigno. A circa 500 m di altezza dalla valle, e a 200 m al di sotto della “Rocca del Cigno”, si apre l’ingresso della Grotta del Cigno.


TEMPO DI PERCORRENZA: 2,00 h;

DISTANZA: ………………….. 8,4 km;

SOSTE POSSIBILI: …………   Ponte Pesco Appeso sul fiume Titerno - Grotta del Cigno;

DIFFICOLTÀ: ………………..   impegnativo; la prima parte del percorso può essere affrontata da tutti; l’entrata nella Grotta del Cigno, invece, è riservata a persone esperte;

EQUIPAGGIAMENTO: ……...  scarponi da trekking, borraccia, zaino, binocolo, macchina fotografica; per entrare nella grotta, torcia elettrica, un leggero casco, giacca a vento;

PUNTI D’ACQUA: …………… fontana sul Ponte a Civitella Licinio; “masserie” della Contrada Schito;

PUNTI D’APPOGGIO: ……… “masserie” della contrada Schito;

FLORA: ………………………   quercia, carpino, mentastra, leccio….;

FAUNA: ………………………  tasso, cinghiale, volpe, lepre, scoiattolo, falco, serpente (vipera)….


LUNGO L’ITINERARIO...

PONTE PESCO APPESO - È stato costruito in pietra, ferro e legno, intorno alla metà del 1800. È l’unico ponte di questo genere sopravvissuto lungo il corso del fiume Titerno. In prossimità di uno dei pilastri si trova un idrometro graduato che, fino a tempi relativamente recenti, permetteva di sorvegliare il livello delle acque del fiume che, non di rado, erano causa di dannose inondazioni.

Ponte Pesco Appeso - Sullo sfondo il Monte Mutria (1.823 m. s.l.m.) 
(foto Pasquale Petrillo)



Ponte Pesco Appeso 

Ponte Pesco Appeso 


GROTTA DEL CIGNO (1)  - È raggiungibile attraverso una mulattiera che si inerpica lungo i pendii del monte Cigno e termina in un pianoro, da cui si ammira l’intera valle di Cusano. Si trova a quota 500 m s.l.m., ad una distanza di 500 m dal pianoro e a 200 m al di sotto della Rocca del Cigno. Raggiunge una profondità di 50 m circa e un’estensione di 270 m. Vi si accede attraverso un cunicolo lungo 4 m, largo non più di 80 cm e alto circa 50 cm, che costringe a procedere carponi e a strisciare per circa 3 m. Superato il difficoltoso ingresso, si percorre un piccolo cunicolo che immette in una prima sala. Questa, sulla sinistra, presenta una stalagmite alta circa 1,20 m,  nella parte centrale una piccolissima ma suggestiva colonna e, sul lato destro numerose stalattiti. Sulla parete di fondo, a circa 2 m da terra, esiste uno squarcio nella roccia che permette di accedere ad una seconda sala. Per superare questo squarcio, però, occorre aggrapparsi bene alle stalagmiti che spuntano dal pavimento della sala sovrastante ed issarsi avendo cura di mettersi di profilo, altrimenti si resta incastrati. Anche questa seconda sala è ricca di stalattiti, stalagmiti e colonne. Sulla destra presenta una caverna non molto larga ma alta una ventina di metri: la “Cattedrale”, così chiamata per la sua altezza.

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       (1) - Il 15 giugno 2003 si sono recati nella  “Grotta del Cigno” Carmelina Di Biase, Lucia e Antonio Di Biase di Sergio, Michele Antonuccio, che ne hanno percorso circa 200 metri.







Grotta del Cigno: stalagmite mamellare (foto Pasqualino Di Biase)




Grotta del Cigno: stalagmite (foto Pasqualino Di Biase)








Stalagmiti




Il presepe




Stalagmiti






Le canne dell’organo








Il cunicolo





Sul fondo della “Cattedrale” esiste una spaccatura che dà l’impressione che la grotta prosegua. Sul lato sinistro, si trova un inghiottitoio quasi verticale, profondo circa 4 m, attraverso il quale si accede ad un cunicolo lungo circa 6 m, che termina in una piccola rotonda, detta del “Coccodrillo”. Esistono anche qui numerose stalattiti di piccole dimensioni e quasi trasparenti, tra cui spicca quella color ocra, a forma di testa di coccodrillo, che ha dato il nome alla “Rotonda” (2). Sul fondo della sala, camminando carponi, si scorge sul pavimento una fessura, passando attraverso la quale, si raggiunge una parete, leggermente inclinata, alta circa 2 m. Scalata la parete, ci si immette in un corridoio alla fine del quale, sulla sinistra, si possono ammirare delle stalattiti a forma di canne d’organo. Tutta la grotta è buia ed è immersa nel silenzio più profondo, rotto soltanto dal ticchettio di qualche goccia che cade dall’alto.



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       (2) - Umberto Franco di Cerreto visitò la grotta insieme ad un gruppo di “esploratori dilettanti”, tra cui Di Biase Antonio Felice di Civitella, il 6 agosto 1935.



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TERZO ITINERARIO:  CIVITELLA - FORRE DI LAVELLO - PONTE DI LAVELLO - PONTE DI ANNIBALE

ACCESSO: da via Orto Vecchio si percorre la provinciale Civitella - Cerreto. Dopo 1,5 km si raggiunge la località “Pesco Appeso”. 

Da qui, sulla sinistra, si dirama un tratturo che porta alle contrade Schito, Pezza di Perno e Potete. Svoltando a destra, invece, ci si inoltra in una stupenda gola formata dal fiume Titerno dove si possono ammirare le cosiddette “Marmitte dei giganti”, le “Forre” di Lavello e, più avanti, il ponte di Lavello che permette di attraversare il fiume e continuare la strada verso Cerreto. Dopo poche centinaia di metri, sulla destra, guardando nel canyon, si scorge il cosiddetto “Ponte di Annibale”.



TEMPO DI PERCORRENZA: 2 ore;

DISTANZA: …………………..  3,5 km;

SOSTE POSSIBILI: …………   Pesco Appeso (“masso in bilico”, punto panoramico) – “Muraglione” (invaso naturale)- Diga di sbarramento del vecchio mulino di “Zì Fiore”- Tunnel - “Marmitte dei giganti” – “Forre di Lavello”- Ponte di Lavello – Ponte di Annibale;

DIFFICOLTA’: ………………..  agevole la prima parte, più impegnativa la salita verso il tunnel e la discesa verso le marmitte, le forre e il Ponte di Annibale;

EQUIPAGGIAMENTO: ……..   scarpe da trekking, borraccia, zaino, binocolo, macchina fotografica, colazione a sacco;

PUNTI D’ACQUA: …………..   Fontana sul Ponte a Civitella Licinio;

FLORA: ………………………   leccio, ailanto, viburno, pino, castagno, carpino, valeriana, camomilla, pimpinella;

FAUNA: ………………………  ghiro, riccio, talpa, tasso, topo quercino, bisce e vipera; nel Titerno, trote, anguille, cavedani, barbi.






LUNGO L’ITINERARIO...





Panorama dal Monte Cigno

(foto Lucia Di Biase)



PESCO APPESO - Il luogo prende nome da un enorme masso roccioso in bilico (perciò Pesco Appeso) a monte della strada provinciale. Il monolito aveva una larghezza di base di 4,50 m ed era distaccato dalle falde di monte Erbano per circa 19/20 della sua altezza. Presentava, inoltre, ad 1/3 della sua altezza, una profonda incrinatura a tutto spessore, il cui piano era inclinato del 10%. Per timore che un masso del genere potesse scivolare lungo il piano inclinato e precipitare sulla strada sottostante, fu fatto saltare il 29 ottobre 1965. Pesco Appeso, oggi, è un punto panoramico da cui si può ammirare tutta la valle di Cusano ed il punto in cui il Titerno si immette nella gola di Lavello. Quest’ultima è un vero e proprio canyon formato dal fiume Titerno, le cui acque hanno eroso, nel corso dei secoli, le pareti di Monte Cigno e di Monte Erbano. La gola è profonda dai 30 ai 35 metri.



Pesco Appeso (dipinto di proprietà Emidio Civitillo)

Il dipinto (olio su tela) è un ritratto molto fedele dell’enorme masso roccioso.


Questo era  l’enorme masso roccioso detto “Pescu (o Piscu) ‘mpis’"ossia “Pesco appeso” o, più esattamente, “Macigno in bilico”che si trovava poco a monte della vecchia strada provinciale Cerreto S. – Civitella L. – Cusano M. e che, per ragioni di sicurezza (così si disse), fu frantumato con le mine e fatto cadere nel primo pomeriggio di venerdì 29 ottobre 1965. 
Questa vecchia foto fu scattata dalla vecchia strada provinciale salendo verso Civitella Licinio

Altra vecchia foto di “Pescu (o Piscu) ‘mpis’", ritratto dalla vecchia strada provinciale scendendo da Civitella Licinio.


Foto del 1960, quando a “Pescu (o Piscu) ‘mpis’" veniva allargata la strada provinciale per poi asfaltarla.


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IL “MURAGLIONE” - È un invaso naturale che raccoglie l’acqua del Titerno. Il nome “Muraglione” (grosso muro) gli deriva dal muro di sbarramento, costruito in questo punto, per convogliare l’acqua del fiume verso il mulino di “Zì Fiore” costruito più a valle. Oggi è la “piscina” dei ragazzi del paese che, in estate, vi fanno il bagno.


Rara immagine di oltre 60 anni fa del “muraglione”, che era stato realizzato per incanalare l’acqua del Titerno verso il mulino di “zi Fiore”.

D’estate, sotto il “muraglione”, approfittando dell’ottima piscina naturale, vi si recavano i bagnanti, che l’hanno frequentato fino a non molti anni fa.
Essendo il mulino stato abbandonato da tempo e quasi del tutto cancellato dalle imponenti piene del Titerno, anche  del “muraglione” sono rimasti pochi resti.


IL TUNNEL - Questo tunnel è stato scavato nella roccia verso la metà degli anni sessanta per saggiare la montagna in vista della costruzione di una diga di sbarramento lungo il Titerno. La diga avrebbe dovuto creare un invaso per fornire acqua per l’irrigazione. Il progetto fu poi abbandonato ed è rimasto questo tunnel sulla cui volta si stanno formando delle stalattiti.



Tunnel (foto Pasquale Petrillo)


DIGA DI SBARRAMENTO DEL VECCHIO MULINO DI “ZI’ FIORE” - Costruita con grossi massi squadrati, serviva a raccogliere l’acqua necessaria a far funzionare, appunto, il mulino di Fiorentino Di Biase, che aveva magistralmente sfruttato la conformazione naturale del posto per costruirvi un mulino. Attualmente è visibile solo una parte del primo muro di sbarramento con una piccola arcata di notevole fattura. Il resto della diga fu portato via dall’acqua del fiume e fu necessario costruire un nuovo muro di sbarramento più a monte (l’attuale “Muraglione”). Il mulino di “Zi’ Fiore” fu costruito intorno al 1880 ed ha funzionato fino a dopo la seconda guerra mondiale.



Ponte del mulino di “Zì Fiore” (foto Pasquale Petrillo)







Mulino di "Zi Fiore" (disegno di Michele Antonuccio)




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“FORRE DI LAVELLO”

 La forra è un profondo scoscendimento a pareti verticali e ravvicinate, tra le quali scorre un corso d’acqua, prodotta dall’erosione fluviale. Il termine deriva dal longobardo ”FURHA”: “solco” (1).
Le forre si formano lungo i tratti di valle nei quali la componente verticale dell’erosione fluviale è nettamente superiore a tutte le altre attività di modellamento del corso d’acqua e, in seguito, per un progressivo “svasamento della parte sommitale dei versanti”, si trasformano in gole.
Il territorio attraversato dal Titerno ha una configurazione geografica ed una struttura geologica molto interessanti e complesse ed è in grado di raccontare con estrema puntualità la storia e l’evoluzione ambientale della nostra regione da più di 100 milioni di anni fa ad oggi. Il Titerno ha lavorato incessantemente per regalare alle terre da esso attraversate una conformazione straordinaria, con paesaggi e forme naturalistiche stupende. È un corso d’acqua attivo che, continuando ad incidere la roccia (interessata da un fenomeno di sollevamento tettonico), ha formato una forra ed è riuscito a conservare il suo tracciato originario. Lungo la parte montana del suo corso si possono ammirare diverse e spettacolari forme di forre, ma la più suggestiva e completa è quella di “Ponte Lavello” situata al confine tra i territori comunali di Cusano Mutri e Cerreto Sannita.



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(1) – Gabrielli – “Grande dizionario illustrato della lingua italiana” – Mondadori, 1989





Forra di Lavello (da notare le forme create dalla forza modellatrice dell’acqua)
(foto Carmelina Di Biase)

La forra di “Ponte Lavello”:
•   è stata configurata dalla millenaria azione erosiva delle acque del fiume che hanno scavato un caratteristico alveo nella roccia nel cuore di una valle montana;
•   è una “Valle Antecedente”, cioè il corso d’acqua è preesistente ai movimenti orogenetici;
•   ha una forma irregolare perché conformata ai tratti di pendenza del terreno e subordinata alla violenza dell’azione erosiva dell’acqua, alla resistenza della roccia presente sul posto e al suo stato di fratturazione;
•   è ancora in una fase molto attiva e visibile di erosione regressiva, quindi può essere studiata ed osservata con facilità;
•   presenta uno straordinario spaccato naturale che raggiunge praticamente le vette di Monte Cigno (la Rocca) e permette una facile sistemazione cronologica degli eventi succedutisi nella zona nell’arco di milioni di anni (dallo studio dei grandi spaccati naturali, scavati e resi visibili dall’azione quotidiana del torrente, i geologi sono, infatti, in grado di identificare l’età dei terreni attraverso l’attento esame dei fossili in essi contenuti);
•   offre diversi esempi di “Marmitte dei Giganti”, con forme bellissime e diametro anche superiore ai 12 metri;
•   ha un notevole sviluppo longitudinale (superiore al centinaio di metri) e uno sviluppo verticale appena superiore ai 25 m (rispetto al pelo libero dell’acqua) (1).



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Forra di Lavello  (foto Carmelina Di Biase



Forre di Lavello con il ponte della strada provinciale



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“MARMITTE DEI GIGANTI” - Sul letto roccioso di alcuni corsi d’acqua è possibile osservare le cosiddette “Marmitte dei giganti”, depressioni arrotondate e profonde buche scavate nella roccia dal vorticare veloce, in senso antiorario, dei granuli di sabbia e dei ciottoli trasportati dall’acqua di un torrente.
Forra di Lavello: marmitta dei giganti
(foto Carmelina Di Biase)



L’energia che una corrente fluviale ha ancora a disposizione, dopo aver trasportato materiali solidi, viene utilizzata nell’erosione dei depositi fluviali delle sponde e delle rocce del letto.
Gli alvei ai piedi delle cascate vengono erosi con estrema rapidità dall’azione dell’acqua e dei materiali che precipitano con tremendi impatti. Al piede delle cascate, infatti, vengono scavate cavità molto più profonde delle altre. Anche nelle rapide, il formarsi di vortici ad asse subverticale crea dei movimenti circolari di ciottoli e sabbia, che possono determinare l’erosione nella roccia di “Marmitte dei giganti”. Questo processo, col tempo, contribuisce attivamente all’approfondimento del letto del fiume.
L’erosione del piede della scarpata, poi, ed il conseguente crollo degli strati sovrastanti provocano, col tempo, l’arretramento della cascata verso monte.



“EVOLUZIONE DI UNA MARMITTA IN ALVEO ROCCIOSO” (2):

•   una depressione presente nella roccia viene approfondita progressivamente con un’opera di abrasione, operata dai granuli e dai ciottoli resistenti (quarzosi, arenacei, selciosi, ecc.) fatti mulinare dai vortici della corrente in senso antiorario;
•   si forma una cavità verticale emisferica o pseudo-cilindrica sul cui fondo, in presenza di regimi idrici deboli, si accumulano dei ciottoli; i regimi tumultuosi fanno turbinare, per qualche tempo, i ciottoli nella cavità, ampliandola (i ciottoli che si consumano vengono allontanati dalla corrente che li rimpiazza con altri);
•   col tempo si arriva, comunque, ad una profondità critica (in rapporto al regime e alla portata della corrente) della marmitta oltre la quale i ciottoli non vengono più allontanati dalla cavità sedimentando sul fondo: è l’inizio del riempimento totale o parziale della marmitta stessa.

Nella parte più bassa della gola di Lavello, il Titerno ha modellato numerose “Marmitte dei giganti” di forme e dimensioni diverse, alcune molto piccole, altre con un diametro superiore ai 12 metri. Queste “Marmitte” non hanno una perfetta forma cilindrica a causa di una erosione differenziata delle loro pareti. Gli strati di roccia più friabili, infatti, si disgregano più in fretta, dando luogo alle parti più allargate delle “Marmitte”, mentre quelli più resistenti si consumano più lentamente e danno origine alle parti più strette. La cascata “responsabile” del modellamento di questi suggestivi incavi, è arretrata di molto nel corso dei secoli e attualmente sta modellando una nuova “Marmitta”.  In queste vere e proprie conche scavate nella roccia, si raccoglie l’acqua del fiume quando la portata di quest’ultimo aumenta per le piogge o per lo sciogliersi delle nevi di Monte Mutria. In estate, l’acqua contenuta in queste marmitte si riscalda e permette ai ragazzi di fare un… “bagno caldo”.




Evoluzione di una “marmitta dei giganti”  (disegno Cinzia Baccalà)





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(2) – Aldo Cinque – “Appunti per il corso di geomorfologia”




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PONTE DI LAVELLO

È costruito in pietra e si inserisce armonicamente nel paesaggio. Poggia su tre arcate di diversa altezza.


Ponte di Lavello - (foto Pasquale Petrillo)



Il nome Lavello potrebbe derivare da:
•   avello, avellis, avelli (o avulsi o avolsi), avulsum (o avolsum), avellere, verbo latino che significa staccare, svellere, strappare, in riferimento all’azione del fiume che ha eroso e strappato (o staccato) le rocce dalla montagna;
•   lavello che, nell’italiano arcaico vuol dire tomba, sepolcro; in questo caso il nome potrebbe essere messo in relazione con la leggenda di Tito, figlio di un generale romano morto durante una battaglia combattuta in queste zone e sepolto dal padre in una tomba scavata nel letto del fiume, dopo che ne era stato deviato il corso.
L’attuale ponte è stato ricostruito nel secondo dopoguerra. Il vecchio, infatti, risalente alla seconda metà dell’800, fu abbattuto il 04 ottobre 1943, alle ore venti, perché i tedeschi credettero allo sbocco verso il Molise della strada che collegava Cerreto a Civitella, a Cusano e a Pietraroja.
Appena attraversato il ponte, sulla sinistra, si può ammirare una edicola votiva, dedicata alla Madonna del Carmine, realizzata con piastrelle in ceramica da due civitellesi: Di Biase Fiorentino e Tammaro Gaetano.




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GROTTA  M’nnùn’

Non è una vera e propria grotta ma, piuttosto, una rientranza nella roccia. È visibile, con un buon binocolo, anche dalla strada che passa sul Ponte Lavello. In essa si possono ammirare delle stalattiti con forme mammellonari (da cui il nome).




PONTE DI ANNIBALE


Sorge in località “Gorgo Vecchio”, nel punto in cui le due rive del Titerno si restringono. 




Ponte di Annibale - (foto Gabrele Porto)


È un ponte di epoca medioevale costruito su una preesistente opera romana, a sua volta edificata su un arcaico ponte di epoca sannita. È strutturato a schiena d’asino, dalla forma svelta e con la volta molto esile. È costituito da un unico arco poggiato sulle rocce delle due rive opposte del fiume. L’arco è a tutto sesto, con corda (distanza tra i due punti estremi di un arco) di circa 10 m e un piano di calpestio largo 1,50 m circa. Ciò che colpisce di questo ponte è la leggerezza della sua volta la cui soletta, costruita in opera incerta, non supera lo spessore di 30 cm. È unito ad ognuna delle due sponde del fiume tramite un muro in pietra. Il muro di destra (per chi da Civitella L. va verso Cerreto S.) reca al suo interno un’apertura a volta di 1 m, per favorire lo smaltimento delle acque durante le piene del fiume. È detto “di Annibale” secondo alcuni perché costruito da Annibale, secondo altri perché attraversato dal condottiero cartaginese e dal suo esercito nel corso della seconda guerra punica. Attualmente viene usato dai pastori che spostano i loro greggi da monte Cigno a Monte Erbano e viceversa.




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GROTTA DELLE FATE

Le grotte di Monte Cigno sono numerose e non sempre destano un interesse particolare. Parecchie di esse, di dimensioni modeste, si aprono sui dirupi pericolosi e quasi inaccessibili del monte. Alcune di queste, nel periodo del brigantaggio, servirono come rifugio ai briganti che infestarono la nostra zona, per cui sono indicate col nome di: “grotta dei briganti”, “grotta dei mariuoli”, …
La “Grotta delle fate”, in particolare, ricorda una leggenda secondo la quale la zona era abitata da fate che, la mattina presto e nel pomeriggio, scendevano lungo le pendici del Monte Cigno per andare ad attingere acqua al fiume o per fare il bagno, passando sul “Ponte delle fate”.




Grotta del Cigno, particolare  (foto Carmelina Di Biase)




Grotta del Cigno, particolare  (foto Michele Antonuccio)





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CURIOSITÁ
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IL TIGLIO DI CIVITELLA




Il Tiglio di Civitella, vicino alla chiesetta di San Rocco
(foto Carmelina Di Biase)



La pianta più famosa di Civitella si trova nell’area antistante i ruderi dell’antica chiesetta di San Rocco nei pressi del centro abitato, lungo la strada comunale che, da via Orto Vecchio, scende in località “Noce Cupa”. È opportuno ricordare che nei tempi andati la chiesa, oltre che un luogo di culto, era anche luogo di aggregazione per i cittadini che si ritrovavano, la domenica e nei giorni di festa, con amici e parenti per partecipare alla Messa e per scambiarsi notizie e pettegolezzi. Per questo motivo davanti a tutte le chiese rurali della zona (o nei pressi), venivano piantati uno o più alberi per ornamento e per frescura durante l’estate e vi venivano realizzati una fontana pubblica o un pozzo per consentire agli abitanti della zona e ai fedeli che frequentavano la chiesa, di disporre di acqua, preziosa anche allora, sia per bere che per le necessità quotidiane.


Il Tiglio di Civitella, vicino chiesetta di San Rocco: base del tronco 
(foto Carmelina Di Biase)


Il tiglio, oggi meno vigoroso di un tempo, è sicuramente plurisecolare (con ogni probabilità è stato piantato nel XVIII secolo). Si tratta di un enorme esemplare di Tilia Platiphillos, senza polloni radicali (pianticelle che spuntano dalle radici) alla base del tronco, il che rende questa varietà ancora più apprezzata dalle nostre parti.
Il tiglio, tuttora vegeto, è veramente imponente. Un vero patriarca della natura! Attualmente è alto soltanto una decina di metri perché è stato potato e gli è stata tagliata la parte superiore, ma la sua circonferenza, all’altezza media di un metro da terra, è di 6,66 m pari a un diametro di 2,12 m. Il tronco risulta cavo e presenta più fori nella corteccia, uno di essi viene usato come ingresso dai ragazzi che ancora oggi entrano nel tronco. E ciò è normale per tigli di tali dimensioni. La cavità interna del tronco risulta però piuttosto accentuata per il fuoco che, a memoria d’uomo, è stato appiccato in più di un’occasione all’interno dell’albero. Questa cavità è molto nota agli abitanti di Civitella, i quali, da ragazzini, vi sono entrati quasi tutti per giocare a nascondino, o per semplice curiosità.(1)


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(1) – Emidio Civitillo – “La chiesetta di San Rocco a Civitella Licinio” – Cusano Mutri, 2001







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IL COSTUME TRADIZIONALE DI CIVITELLA LICINIO




Costume civitelllese (dipinto su stoffa Carla Iassogna)


Dell’antico costume tradizionale di Civitella non esistono reperti e i ricordi degli anziani sono piuttosto carenti. La ricerca è stata possibile grazie ad una litografia acquerellata ottocentesca conservata da Vito A. Maturo (2) raffigurante una “Donna di Civitella” con costume feriale estivo.
La donna probabilmente è stata ritratta nel territorio alifano, dove spesso le civitellesi si recavano per la mietitura (la donna del ritratto, infatti, ha in mano una falce) e per altri lavori agricoli stagionali.
Dalla litografia si vede chiaramente che il costume è composto da:

-       una gonna ampia, arricciata in vita, di colore “rosa borbonico” (colore molto usato nei secoli XVIII e XIX e a Cerreto, del cui circondario Civitella faceva parte, veniva impiegato anche per tinteggiare le facciate delle case); il colore della gonna del costume civitellese riprende quello della gonna del costume tradizionale cerretese;

-       un bustino, attaccato alla gonna, aperto sul davanti e tenuto su da bretelle passanti sulle spalle, allacciato con stringhe intrecciate infilate in asole rotonde;

-       una camicia di tessuto grezzo molto ampia la cui arricciatura è fermata dallo stretto bordino del girocollo; lo stesso motivo è riportato per chiudere il polsino;

-       un grembiule molto semplice, ma pratico, costituito da un rettangolo di stoffa di colore giallo scuro con gli angoli inferiori arrotondati e più stretto in vita perché arricciato;

-       un copricapo a tovaglia o “mappa” opportunamente ripiegato a cassonetto di colore chiaro a righine azzurre;

-       calze chiare;

-       scarpe a “ciocia” o “zambìtt”, fissate al polpaccio da stringhe;

-       una collana o “cannaccara” a grani di corallo rosso a doppio filo con pendente filigranato, probabilmente a forma di stella (2).





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     (2) – AA. VV. – “L’antico costume popolare di Cusano Mutri ed altri paesi della Comunità Montana del Titerno” – Biblioteca comunale di Cusano Mutri, 2000





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LA DIVINA COMMEDIA (1)

A Civitella alcuni versi dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri venivano cantati abitualmente sulle aie quando si spannocchiava, nei campi quando si mieteva e ogni qualvolta si svolgeva un lavoro in compagnia. A dir la verità tutti i lavori dei campi si svolgevano accompagnati dai canti dei lavoratori e delle donne che, a volte, venivano reclutate dai proprietari terrieri proprio per la loro estensione vocale. Spesso, infatti, durante il lavoro si accendevano vere e proprie dispute canore tra i lavoranti nei diversi appezzamenti di terreno e al canto di una squadra rispondeva quello dell’altra per cui nella vallata risuonavano canzoni e stornelli che, a volte, venivano intonati anche per prendere in giro qualcuno.



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La CASTAGNA

VALORE NUTRITIVO
Acqua            51,9 %
Proteine         3,2%
Carboidrati    33,1%
Fibre               7,3%
Energia          153 kca
Ferro              1 %
Potassio        395 mg

Ricca di amido, zuccheri e fibra e poverissima di grassi, è più digeribile quando viene cotta in acqua.


-       È vero che fa ingrassare?

Di per sé, la castagna non fa ingrassare, ma è molto ricca di amido e, quindi, molto calorica. Arrostita fornisce circa 193 calorie per etto, mentre la stessa quantità di castagne bollite ne apporta circa 120.


-       La più energetica?

La castagna secca: 100 g apportano 287 calorie.


-       È digeribile?

Quella secca e la caldarrosta possono essere indigeste, se non vengono masticate bene, perché contengono amidi scarsamente aggredibili dai succhi gastrici. Bollita è molto più digeribile.


-       Può mangiarla anche chi soffre di colite?

Si, ma senza esagerare: la castagna, proprio perché contiene zuccheri difficili da demolire, può fermentare nell’intestino e causare flautolenza e crampi addominali a chi soffre di colite.


-       Contiene grassi?

È priva di colesterolo e contiene una scarsa quantità di lipidi. Quindi può entrare anche nel menù dei cardiopatici.


-       Apporta sostanze benefiche per l’organismo?

Contiene una discreta quantità di potassio (importante per cuore e cervello) e poco calcio. Fornisce anche vitamine del gruppo B.


-       Può essere consumata dai celiaci?

Sì, perché non contiene glutine.



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Le “CASTAGNE DEL PRETE”

Le castagne sono frutti facilmente deperibili, per cui si ricorre a particolari operazioni che consentono di conservarle anche piuttosto a lungo e di non utilizzarle necessariamente entro breve tempo dalla raccolta.
Un metodo tradizionale di conservazione e di lavorazione delle castagne molto diffuso a Civitella Licinio è la biscottatura di questi frutti. Le castagne vengono sistemate, con uno spessore di una ventina di centimetri, su un graticcio di vimini ed essiccate e affumicate per due settimane, rigirandole spesso.
Successivamente vengono bollite ed infornate. Si ottengono in tal modo le cosiddette      “castagne del prete”, che possono essere consumate senza ulteriori trattamenti e restano morbide per diversi giorni. Col tempo le “castagne del prete” diventano più dure e, per farle ritornare morbide, basta riscaldarle.
Le ipotesi che sono state formulate sull’origine dell’espressione “castagne del prete” sono sostanzialmente tre:
-    le “castagne del prete” costituivano un prodotto prelibato, adatto soltanto al palato raffinato del prete, (che allora era più di oggi una vera e propria autorità nel paese);
-    le “castagne del prete” venivano preparate per pagare la cosiddetta “decima” o imposta del dieci per cento alla Chiesa (e per essa al prete) sui frutti dei terreni. Così preparate, le castagne, oltre ad avere un buon sapore, non andavano a male, si potevano conservare a lungo e potevano essere consumate anche in momenti successivi, quando ne fosse stata avvertita la necessità;
-    la terza ipotesi si ricollega al colore che deve assumere la buccia (quella più esterna, detta epicarpo) delle castagne quando  sono pronte per essere sfornate; se il colore della buccia è scuro come quello della tonaca del prete, esse si chiamano “castagne del prete” e vengono sfornate se, invece, il colore è ancora piuttosto chiaro e dà sul marrone, si dice che sono “castagne del monaco” e non ancora “del prete”, per cui non possono essere sfornate (1).

Il COLORE DELLA CASTAGNA

In autunno in natura prende il sopravvento il colore marrone: sono di questo colore la  terra, la corteccia di molti alberi, le foglie e  molti frutti, tra cui la castagna. Anticamente, questa tonalità era simbolo di semplicità e povertà. Considerata poco elegante da ricchi e nobili, abituati a sfoggiare colori più decisi e vivaci, divenne la tinta prediletta da alcuni ordini monastici, tra cui i Cappuccini, che predicavano la sobrietà. Come il colore, anche la castagna, in passato, alimento dei poveri, è stata rivalutata in tempi recenti e oggi è diventata un cibo ricercato e la base di prelibate ricette gastronomiche.



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(1) – Carmelina Di Biase – “Le castagne del prete” – dal quotidiano IL SANNIO del 28 ottobre 2001



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BIBLIOGRAFIA

1 -    AA.VV.: “L’antico costume popolare di Cusano Mutri e altri paesi della Comunità   Montana del Titerno”  - Biblioteca Comunale di Cusano Mutri, 2000

2 -    AA.VV.: “Sentieri del Matese”,-  Coop. “La Cusanese”

3 -    Cinque Aldo - “Appunti per il corso di geomorfologia”

4 -    Civitillo Emidio -  “La Chiesetta di San Rocco a Civitella Licinio” - Cusano Mutri 2001

5 -    Cofrancesco Antonio - “Relazione per una visita di istruzione del Liceo Classico L. SODO” - Cerreto Sannita, maggio 2002

6 -    Di Biase Carmelina - “Le castagne del Prete” , dal quotidiano “IL SANNIO” del 28 ottobre 2001

7 -    Di Lello Rosario -  “Alcuni episodi del brigantaggio postunitario nei territori di Cusano e Pietraroja”, estratto dall’Anuario 1975 dell’Associazione Storica del Medio Volturno

8 -    Franco Domenico - “I fenomeni carsici di monte Cigno”, estratto dal “Bollettino della società dei Naturalisti in Napoli”, 1956

9 -    Franco Domenico - “Il terremoto del 1688 nel cerretese”, estratto dall’Annuario dell’Associazione Storica,” 1966

10 -    Gabrielli - “Grande Dizionario Illustrato Della Lingua Italiana” - Mondadori, 1989

11 -    Iannacchino Angelo Michele -  “Storia di Telesia, sua diocesi e pastori” - Benevento, 1900
12 -    Lavorgna Giovan Battista - “Quaderni di appunti” - Archivio della Parrocchia di San Bartolomeo Apostolo di Civitella Licinio

13 -    Maturo Vito Antonio -  “Il Titerno: un nome, un fiume”, estratto dal  periodico “Il Titerno”, n° 6, 1996

14 -    Piccioni - “Il brigantaggio” - La Nuova Italia, 1969

15 -    Russo Flavio -  “Dai Sanniti all’esercito italiano” - Ufficio Storico, Roma, 1991

16 -    Salmon E. T. - “Il Sannio e i Sanniti” - Einaudi, 1985


17 -    Vigliotti Nicola - “San Lorenzello e la valle del Titerno” - Libreria Editrice Redenzione,1968






INDICE

Presentazione
3
“Al mio paese”
4
Civitella Licinio
5
Nome
6
Cenni storici
7
Preistoria
9
Periodo Sannita
9
Periodo Romano
10
Periodo dei Saraceni, Normanni e Longobardi
11
Brigantaggio
11
La Prima Guerra Mondiale
13
Primo Dopoguerra
13
La Seconda Guerra Mondiale
14
Secondo Dopoguerra e i giorni nostri
15
Terremoto
16
Territorio
19
Monte Erbano
21
Il Castagno
26
Monte Cigno
29
Il fiume Titerno
30
Il Torrente Torbido
32
Il Torrente Vallantico
33
Bedllezze Architettoniche
35
La Chiesa di San Bartolomeo Apostolo
37
La Chiesa della Madonna della Neve
39
Itinerari turistici
41
I Itinerario
43
II Itinerario
45
III Itinerario
48
Curiosità
57
Il Tiglio di Civitella
59
Il costume tradizionale di Civitella Licinio
60
La Divina Commedia
61
La Castagna
62
Le “Castagne del prete”
63
Il colore della Castagna
63
Bibliografia
64




Grotta del Monte Cigno: il “Cammello” (foto Michele Antonuccio, in 4ª pag. di copertina)