Nel massiccio montagnoso del Matese e dintorni, specialmente nell’alta valle del Titerno, il Colombaccio (detto anche Piccione di bosco, in inglese "wood pigeon") è anche stanziale ed è in fase di sensibile diffusione.
Nell’area del Matese il “passo” autunnale del Colombaccio si verifica sempre prevalentemente in ottobre.
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La natura affascina e un po’ tutti desiderano che venga quanto meno seriamente tutelata. Oltretutto, siccome la natura richiama il turismo, ricordiamo che aver cura di essa non vuol dire perdere tempo o badare a cose da poco, ma significa dedicare attenzione ad un argomento che ha anche una notevole rilevanza economica, specialmente per le zone interne come la nostra, che ripongono nel turismo buona parte delle loro speranze di sviluppo”.
Il massiccio montagnoso del Matese sulla carta geografica. L’altitudine supera i 2.000 metri. |
IL COLOMBACCIO E LA SUA MIGRAZIONE
Il colombaccio (columba palumbus) è senz’altro il più grosso dei Columbidi, che comprendono anche il “colombo di città”, la “colombella”, il “piccione selvatico”, la “tortora dal collare orientale” (insediatasi nella nostra zona da non molti anni) e la “tortora africana”, che viene da sempre da noi solo nei mesi caldi, a riprodursi.
Il colombaccio pesa in media mezzo chilogrammo (ma il suo peso può oscillare dai 285 ai 690 grammi ) ed è lungo dai 41 ai 45 cm . Si alza in volo con un caratteristico rumoroso battito d’ali e il suo volo è molto potente, rapido e diretto, con costanti e profondi battiti.
Il Colombaccio è il più grande dei columbidi, pesa in media mezzo chilogrammo ed è almeno 5 volte più grande del merlo.
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Colombacci in migrazione
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DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEL COLOMBACCIO
Specie ampiamente distribuita come nidificante in Europa fino al 65° di latitudine nord, Asia occidentale e meridionale, Africa nord-occidentale. In Italia è di passo prevalentemente nella prima quindicina di ottobre e dalla metà di febbraio a tutto marzo; ed è svernante nelle pinete litoranee e nelle macchie costiere, stanziale nelle zone adatte.
Frequenta boschi dl quercia, leccio, faggio, foreste con radure - come sui monti del Matese - zone coltivate, pinete e macchia litoranea; è presente anche nei parchi delle città. Si è adattato ai vari habitat, comprese molte città del nord Europa, come Londra e Parigi, dove è diventato più comune dei piccioni selvatici.
Fin dall’inizio del secolo scorso si è stabilmente insediato anche in aree urbane, come a Parigi e in altre città dell’Europa centrale e settentrionale, ambiti in cui ha mostrato la capacità di acquisire una notevole confidenza nei confronti dell’uomo; in altri ambienti è invece molto diffidente ed accorto.
Di norma non supera in Europa i 1500-1600 m di altitudine.
Due esemplari di colombaccio
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ALTRE CARATTERISTICHE DI RICONOSCIMENTO
Il colombaccio, come già accennato, è il più grande dei Columbidi. Ha capo piccolo in confronto al resto del corpo.
Piumaggio con toni azzurro-grigi (o grigio bluastra) con remiganti primarie nerastre con i bordi più pallidi. Il petto è grigio rosato, mentre il collo, con riflessi verdastri e segni neri, presenta due macchie bianche ai lati circondate da una zona iridescente blu verde.
Il petto è violetto, colore delle more. Il bordo dell’ala è bianco. La coda è diritta con la punta nera. Zampe rosate e occhio da bianco verdastro a giallo limone.
E’ dotato di vista acuta, ma di udito modesto.
Come tutti i Columbidi, anche il colombaccio beve in un modo veramente insolito per gli uccelli, infatti immerge il becco nell’acqua ed aspira senza dover alzare la testa di volta in volta per deglutire il liquido.
Colombaccio seminascosto tra le foglie di un albero di tiglio
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Sulla cima di un albero di cedro
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Immagini che consentono di distinguere piccioni e tortore, entrambi appartenenti alla famiglia dei “columbidi”. Il colombaccio ha le dimensioni maggiori.
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Il Colombaccio è un migratore, ma è anche sedentario nelle zone adatte e dove in inverno la neve non cade per lunghi periodi.
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MIGRAZIONI E SVERNAMENTO
Il colombaccio abbandona le regioni più settentrionali in autunno per poi ritornarvi in primavera. Le popolazioni dell'Europa nord-orientale svernano nell'Europa occidentale e nel bacino del Mediterraneo. La specie è quasi totalmente migratrice nella Penisola Scandinava e in Europa orientale. La componente migratrice della popolazione diminuisce progressivamente verso Ovest e verso Sud, fino ad essere prevalentemente sedentaria in Europa meridionale, Asia Minore e nelle zone costiere occidentali della Gran Bretagna settentrionale.
I movimenti migratori cominciano a settembre e proseguono fino ai primi di dicembre. Il picco dei movimenti migratori verso sud avviene in ottobre ed è largamente influenzato dagli eventi climatici.
La migrazione di ritorno avviene prevalentemente nei mesi di marzo-aprile. Le principali rotte migratorie seguono vie preferenziali, tradizionalmente note nell’ambiente venatorio, che possono determinare in taluni anni il passaggio in aree ristrette e in pochi giorni di enormi contingenti.
Nel 1974, in una località del massiccio del Giura (Svizzera) sono stati contati in un solo giorno oltre 600.000 individui.
Spesso sui monti del Matese e nelle aree circostanti, dall’autunno alla primavera, ai colombacci stanziali si aggiungono in buon numero quelli svernanti provenienti dall’Europa centro-settentrionale.
Colombaccio in “lite” con un corvide
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In primavera |
Nido di colombaccio
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La Migrazione degli uccelli. Le rotte migratorie e i rischi di trasmissione di malattie all’uomo.
La Migrazione degli uccelli è un fenomeno che ha sempre incuriosito ed affascinato.
Da alcune decine di anni, da quando cioè si è scoperto che alle “rotte migratorie” è connesso il rischio di trasmissione di malattie dagli animali all’uomo, il fenomeno della migrazione degli uccelli è oggetto di attenzione ancora più grande.
Un Colombaccio a fine a inverno
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Finora però, la migrazione del “Colombaccio” non ha mai destato alcun allarme per la salute dell’uomo.
Sembra che il fenomeno delle migrazioni sia iniziato a partire dall'Era Terziaria in cui già esisteva un'alternanza stagionale.
Il Colombaccio è prevalentemente un frequentatore di boschi, di qui la denominazione "Piccione di bosco", in inglese: "wood pigeon".
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La causa che determina i movimenti migratori degli uccelli sembra legata alla durata del giorno (il cosiddetto fotoperiodismo), che influenza tutto il sistema endocrino: con l'arrivo della stagione autunnale (ovviamente per quanto riguarda le regioni temperate boreali; per quelle australi tale stagione sarà la primavera) la durata del giorno si riduce, inducendo fasi di regresso delle ghiandole sessuali e, di conseguenza, la cessazione di aggressività, intolleranza e territorialità nei confronti dei cospecifici e quindi l'aggregazione in gruppi che preludono alla partenza delle migrazioni.
Sono stati compiuti numerosi studi ornitologici sulle migrazioni utilizzando metodi di campionamento ed osservazione in corrispondenza dei punti di confluenza delle rotte aeree, inanellamento o strumenti tecnologici come telescopi o radar.
In questo modo sono state raccolte numerose informazioni sui
L'Italia è interessata dal passaggio di specie che dal Nord-Europa si dirigono verso l'Africa (passo), o da specie che vengono a svernare in Italia da territori più settentrionali.
L'aspetto che comunque rimane più affascinante e meno noto nel fenomeno delle migrazioni è la capacità di orientamento degli uccelli.
I meccanismi che consentono ai migratori di seguire rotte costanti sono molteplici: la posizione del sole (ed il suo azimut) ed i suoi movimenti, la posizione di catene montuose, quella di sistemi fluviali (ovviamente per migrazioni diurne), la direzione dei venti, la posizione della luna e delle stelle (per le migrazioni notturne), il campo magnetico terrestre, ecc..
Sembra poi che gli uccelli possiedano una sorta di carta geografica mentale dei territori in cui vivono, che rapportano in qualche modo ai punti di orientamento più generali (sole, stelle, ecc) e che costruiscono memorizzando alcuni dati territoriali (ad esempio i corsi d'acqua) o, per quanto riguarda i piccioni viaggiatori, olfattivi.
Talvolta, però, le rotte migratorie non risultano costanti, ma si modificano in modo più o meno marcato: spesso questo è dovuto a fattori di disturbo antropici, come, per fare alcuni esempi, la presenza di città illuminate che alterano l'orientamento notturno offuscando la percezione delle stelle oppure operazioni di bonifica che hanno eliminato superfici palustri su cui sostavano e traevano informazioni per l'orientamento gli uccelli di passo.
Ottobre 2011
Emidio Civitillo
E-mail: emidiocivitillo@gmail.com